MotoGP | C’era una volta Casey Stoner: fuoriclasse che poteva fare (e vincere) di più? [TITOLI DI CORSA]

Un talento assoluto, ma anche una carriera con qualche rimpianto

MotoGP | C’era una volta Casey Stoner: fuoriclasse che poteva fare (e vincere) di più? [TITOLI DI CORSA]MotoGP | C’era una volta Casey Stoner: fuoriclasse che poteva fare (e vincere) di più? [TITOLI DI CORSA]

Sarà la vigilia del suo Gp di casa, sarà che la curva numero tre del circuito di Philip Island porta il suo nome, sarà che domenica lo rivedremo in moto (seppur soltanto per un giro d’onore, ndr) o sarà, infine, che dopo quindici anni di attesa la prospettiva di una Ducati sul tetto del Mondo non sembra più soltanto un’utopia.

Sarà tutto questo o magari c’è dell’altro, ma fatto sta che in questo rettilineo d’avvicinamento che ha portato al fine settimana australiano è stato davvero difficile, un po’ per tutti, non pronunciare o anche solo immaginare il nome di Casey Stoner. L’ultimo pilota della terra dei canguri a vincere un titolo Mondiale, il primo e fin qui unico a conquistarlo in MotoGP con una Ducati tra le mani.

Un talento cristallino, associato ad una personalità particolare che spesso ne ha condizionato risultati e rapporti nel paddock e che oggi, a dieci anni di distanza dal suo ritiro, rischia di condizionarne anche il bilancio di una carriera. Due campionati vinti, quello con Ducati nel 2007 e successivamente nel 2011 con la Honda, sembrano un bottino non necessariamente all’altezza se relazionati con quello che il funambolo di Southport ha saputo mostrare in sella ad una moto.

I duelli con Rossi, Pedrosa e Lorenzo, la capacità (fin qui ancora unica) di domare la Desmosedici in quell’anno di grazia 2007 che troverà sempre un posto privilegiato nella piramide delle emozioni di milioni di ducatisti in tutto di mondo. Stoner ha mostrato qualcosa che nessun’altro, prima e subito dopo di lui, è riuscito a replicare.

Ce ne sono stati e ce ne saranno di piloti altrettanto se non ancora più forti, ma il serbatoio di sorpassi e giocate che Casey ha consegnato resta un manifesto tra i più efficaci per spiegare il concetto di talento assoluto legato al motociclismo.

Ecco perché la sua bacheca, per quantità e rispetto a quella di altri, sembra presentare troppi spazi vuoti, ed ecco perché questa settimana la domanda dei nostri Titoli di Corsa è proprio legata a lui: Stoner avrebbe dovuto e potuto fare, e vincere, qualcosa di più? Francamente, senza voler condizionare l’opinione di chi sceglierà di leggere queste stesse righe, crediamo di sì.

Domenica, quando sventolerà la bandiera a scacchi sul traguardo di Philip Island, Casey spegnerà le sue 37 candeline, a dieci anni da un ritiro scelto per un labirinto di motivazioni, fisico, psicologiche ma non di certo tecniche. Senza mancare di rispetto a chi ci ha fatto divertire nell’ultima decade, ci saremmo goduti ancora e volentieri un altro po’ di Stoner nelle nostre vite, senza l’ingombrante interrogativo di chiederci, oggi, se quello che è abbiamo visto sia stato fino in fondo all’altezza di quello che sarebbe potuto essere.

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