Passeggero sulla Desmosedici…. di Richard Fairbairn….

RASSEGNA STAMPA – PASSEGGERO SULLA DESMOSEDICI (1/5)

Volevo che tu provassi, anche solo per un attimo,
com’è veramente
.” E’ quanto mi ha detto Randy
Mamola dopo avermi fatto fare il giro della vita sul sellino della Ducati V4 GP.

di Richard Fairbairn – Motorcycle News.

Randy Mamola ride. “Ho staccato ancora più violentemente in
quel punto perché volevo che tu provassi, anche solo per un attimo, com’è
veramente staccare alle Esse durante una gara
.” Improvvisamente, tutto
ciò che pensavo di sapere risulta sbagliato. Pare che 17 anni in sella
a una moto non siano serviti affatto. Mi sento come se tutti gli anni in cui
ho seguito professionalmente le gare non mi abbiano insegnato nulla. Nulla,
ovviamente, rispetto a questo.

La rivelazione è scioccante, e mi colpisce nello spazio dei 219 secondi
e cinque miglia della pista di Donington Park. Mamola ha smontato tutte le mie
convinzioni in tema di come si guida una moto. Le traiettorie dovrebbero essere
morbide e fluide, giusto? Bisogna staccare mentre si sta diritti, vero? E spalancare
il gas basta a fare andare veloce una moto, non è così? Sbagliato,
sbagliato, e ancora sbagliato. Un giro sul sellino della Ducati V4 ha cambiato
le cose per me, per sempre.

Un passaggio sulla moto da GP più veloce e più potente della
storia era un’occasione troppo ghiotta per tirarsi indietro. Sapevo che
sarebbe stato eccitante, esaltante, terrificante: tutte le emozioni solitamente
associate alla guida di una moto veloce, ma amplificate. Non pensavo però
che sarebbe stata un’esperienza in grado di cambiarmi la vita.

Immaginate di trovarvi in una stanza piena di tutte le verità che avreste
sempre desiderato conoscere, sentendovi però così sconvolti dai
contenuti di tali verità da desiderare quasi di non aver mai aperto quella
porta. E’ così che mi sento ora. Il mio piccolo mondo tranquillo
non sarà mai più lo stesso.

RASSEGNA STAMPA – PASSEGGERO SULLA DESMOSEDICI (2/5)

Non mi dilungherò sulla moto, sul mio nervosismo, sulla visita medica
alla quale ho dovuto sottopormi, ne’ su quanto sia scomodo il sellino posteriore.
Invece, cercherò di mettervi a parte della dura verità, della
sconcertante realtà della MotoGP.

Il giro in se’ stesso è stato brutale. Non ho alcun dubbio sulla
grande raffinatezza delle capacità di guida di Mamola e sul suo fenomenale
controllo del gas, ma l’immagine che se ne ha dal sellino del passeggero
è molto diversa: la tecnica adottata da Mamola per affrontare il tracciato
si può descrivere dicendo che più che guidare, lui punta la moto.
Le curve non sono un succedersi di traiettorie fluide, sono semplicemente zone
d’asfalto alle quali puntare per creare le migliori opportunità
di accelerazione e staccata al massimo. WAAAAHH! Freno. WAAAAHH! Freno. WAAAAHH!
Freno.

Scendendo in picchiata dalle tortuose pareti delle Craner Curves, i cordoli
che segnano la corda interna delle curve non ci vengono incontro: ci vengono
sparati contro, come palle servite da Rusedski. Mamola supera le ondulazioni
dell’asfalto a 140 miglia all’ora mentre i giri del motore salgono,
scendono e poi tornano a salire. Rimbalziamo da un lato all’altro della
pista e da una piega estrema all’altra, in un turbine di sforzo, gravità
e momento. L’effetto di schiacciamento nella discesa ai piedi dell’Old
Hairpin mi comprime il petto.

I dolci curvoni che mi aspettavo alla Redgate, all’Old Hairpin, alla Schwantz
o al Melbourne Loop non sono mai arrivati. La moto entra invece violentemente
in curva già in piega, staccando ancora al limite quando siamo incredibilmente
vicini alla piega estrema, e oltrepassando di molto le corde che conosco tanto
bene dopo i giorni passati a girare su questa pista con le moto da strada..
Mi ritrovo a guardare i punti di corda ormai lontani pensando, “non dovremmo
aver già aperto il gas?”, mentre la moto scoppietta, esplode, perde
colpi sotto di noi a gas chiuso, prima che Mamola la riporti finalmente in verticale
per proiettarla fuori dalla curva, con l’anteriore sempre sollevato da
terra, e ULULANDO letteralmente.

La cosa più spaventosa per un normale motociclista è la fiducia,
onestamente impressionate, che Mamola sembra riporre nella gomma slick anteriore.
Mi aspettavo che staccasse violentemente con la moto diritta, che mollasse il
freno mentre raggiungevamo la piega massima, e che completasse poi la curva
senza più toccare il gas. Invece, non ha mai toccato i freni quando io
avrei cominciato a frenare, per poi esibirsi in una staccata FENOMENALE con
la moto in verticale, che è praticamente proseguita senza alcuna variazione
quando la moto è scesa bruscamente in piega. La potenza frenante delle
slick e dei freni al carbonio in piega massima è stata tale, per la prima
volta nella mia esperienza motociclistica, da disarcionarmi quasi buttandomi
a terra oltre la moto.

Il momento della verità arriva in avvicinamento alla McLeans. Il veloce
curvone a sinistra che si restringe a sinistra immediatamente prima della curva
a destra che immette nella McLeans vera e propria richiede un angolo di inclinazione
sempre maggiore proprio mentre la frenata deve raggiungere la massima potenza.
Alle scuole di guida si insegna ai motociclisti ad allagare proprio sotto il
ponte Schwantz, portandosi al margine della pista, in modo da affrontare l’ultima
semicurva a sinistra come se fosse un rettilineo, e ritrovarsi così a
frenare con la moto in verticale prima della McLeans.

Sulla Desmosedici, la moto stringe molto di più a sinistra alla Schwantz,
così, per affrontare l’ultima parte di curva stretta prima della
McLeans, Mamola deve stare quasi in piega massima a sinistra, e frenare tanto
forte quanto si farebbe, diciamo, su una R1 in verticale e sull’asciutto:
lo sforzo per evitare di crollare in avanti mi fa rantolare.

RASSEGNA STAMPA – PASSEGGERO SULLA DESMOSEDICI (3/5)

Ad ogni uscita di curva, il manubrio gli trema in mano mentre l’anteriore
si solleva (il primo passaggio sulla linea del traguardo è stato, dall’inizio
alla fine, sulla sola ruota posteriore), mentre il motore canta e poi urla mentre
lui dosa il gas per adattarlo all’aderenza disponibile sul pneumatico posteriore.
Nonostante i 90 kg di “zavorra” sul sellino, mi assicura che può
derapare quando vuole, e le grosse strisce nere che ha lasciato sull’asfalto
alla Coppice nei giri precedenti ne sono testimonianza. Vorrei solo che non
avesse staccato le mani dal manubrio per indicarmele con orgoglio …

Certo, la potenza è impressionante, davvero da staccarti le braccia,
ma quello che impressiona di più è la sua natura apparentemente
senza limiti. Poiché Mamola usa meno di metà gas alle marce basse,
riesce a usarne di più alle marce alte, senza perdere nemmeno un po’
accelerazione: a oltre 150 miglia all’ora (e cercando simultaneamente di
impennare!) sotto il ponte Dunlop, sarebbe lecito aspettarsi una certa riduzione
della spinta. Ma si dice che perfino la biposto usata per le dimostrazioni arrivi
a 240bhp, e comunque, il tiro della Desmosedici resta assolutamente invariato
rispetto alle marce basse. Sulle moto da strada, è il vento che cerca
di strapparti di sella a queste velocità; sulla Ducati, è ancora
l’accelerazione pura.

Le Esse di Donington: nessun altro punto in nessun’altra pista è
in grado di dare a un passeggero un’idea altrettanto realististica delle
forze contrastanti durante la guida di una moto da GP. Qui si passa dalla massima
velocità alla massima staccata, giro dopo giro. Ripensare a questo tratto
di pista mi mette ancora paura.

Al nostro primo passaggio alle Esse, mi sfugge un grugnito per lo sforzo di
non franare addosso a Mamola mentre oltrepassa di molto le 100 miglia orarie
in due o tre secondi. Le due maniglie ricavate nel serbatoio della Ducati mi
permettono di tenermi stretto resistendo alla forza di frenata. Ce la faccio,
anche se con grande difficoltà, al primo passaggio. Ma questo è
solamente il giro di “riscaldamento”.

Al secondo passaggio alle Esse, mentre sono già al limite della resistenza
visto che il mio pilota ha enormemente aumentato il ritmo, Mamola frena violentemente,
e anche se sono preparato, e ho chiamato a raccolta tutta la mia energia per
impedirlo, sento il mio corpo che si proietta in avanti tentando di far perno
sulle mani. Comincio a schiacciarmi contro Mamola, ora scivolo in avanti…
sto per essere sbalzato di sella, oltre la moto. “E’ finita!”
penso, proprio quando Mamola finalmente molla i freni. Scivolo di nuovo indietro
sul mio sellino, all’uscita delle Esse, e ripartiamo. L’anello chiamato
Loop offre un’altra esperienza analoga: si tratta di una curva a forma
di punta di freccia che Mamola affronta in staccata fino alla corda. Goddards…
e poi ci fermiamo, naturalmente con un bello “stoppie” che fa sollevare
la ruota dietro.

Il mio primo pensiero è stato che volevo vomitare, e poi che volevo
scendere dalla moto. La mia mente è ancora un turbine, una nebbia in
movimento. Vorrei dire qualcosa di intelligente, qualcosa di arguto, espressivo,
memorabile, addirittura caustico. Ho appena vissuto una delle esperienze più
incredibili che avrei potuto immaginare. E invece, tutto ciò che riesco
ad articolare è “Oddio!”.

Mi scuso per essere quasi sceso dalla moto in entrata alle Esse. In fondo,
avrei tanto voluto fare bella figura come passeggero. Mamola è molto
comprensivo. E’ proprio all’entrata delle Esse che aveva voluto darmi
un assaggio di che cosa è possibile fare con una MotoGP.

“Riesci ad immaginare rifarlo per 25 giri con altri 10 piloti che cercano
di sfruttare la tua traiettoria?” mi chiede. No, Randy… non ci riesco.

Per la cronaca, abbiamo girato, da Goddards a Goddards, in 1:42, appena 10
secondi più lenti di una monoposto, più o meno un normale tempo
da bagnato. Mamola sarebbe andato molto più veloce senza avermi a bordo.
Bastava poco, e avrebbe potuto dimostrarlo!

RASSEGNA STAMPA – PASSEGGERO SULLA DESMOSEDICI (4/5)

La Conversione in Biposto

Come si trasforma una moto da MotoGP in una biposto? La risposta è:
con grande facilità. Innanzitutto, la moto non è una versione
replica pesantemente depotenziata: sarebbe semplicissimo rimetterla a posto
e usarla in gara nella configurazione in cui si trova. Quindi, da questo punto
di vista, c’è poco da modificare.

Però non bastano un po’ di imbottiture, un paio di pedane di maniglie
per girare in due in tutta sicurezza. Il telaietto reggisella deve essere pesantemente
modificato e rinforzato rispetto alla versione destinata a sostenere il minuscolo
Capirossi e lo scattante Bayliss, e nessun altro. I rinforzi e le tubazioni
irrobustite del telaietto rappresentano la maggior parte dei 10 kg che Ducati
dichiara in più per questa moto rispetto alla versione da gara standard
da 145kg.

Anche le maniglie per il passeggero, inserite nelle cavità a forma
di conchiglia ricavate nel serbatoio, sono accessori di importanza fondamentale.
Senza di esse, le braccia di Mamola dovrebbero sostenere tutto il peso del passeggero
quando questo scivola in avanti in frenata. Non sono state apportate altre importanti
modifiche. La molla della sospensione posteriore è molto più rigida
(il 50% in più rispetto alla versione standard), mentre il freno idraulico
della forcella e dell’ammortizzatore posteriore è stato incrementato
per limitare il trasferimento di carico in frenata e in accelerazione.

I freni sono all’altezza, senza problemi: si tratta degli elementi da
305mm, la misura di mezzo delle tre disponibili per i freni standard da competizione.

Mamola non ha voluto dirmi a quanti giri ha portato la moto, ma si dice che
superi i 16.000 g/m, mentre gli addetti alla squadra corse mi dicono che le
monoposto da competizione arrivano a 18.000 g/m.

RASSEGNA STAMPA – PASSEGGERO SULLA DESMOSEDICI (5/5)

I Lettori di MCN Passeggeri come i VIP

L’elenco di coloro che sono saliti come passeggeri sulla V4 comprende pop star,
modelle, campioni di tennis e anche… il boss della Ducati. Ma, grazie a Riders
for Health
, anche i semplici appassionati hanno avuto la loro occasione,
il giovedì del Gran Premio, offrendo un contributo per l’iniziativa di beneficenza.

Gary O’Neil di Inverness, che guida una Honda VFR800, aveva già provato in
un’occasione analoga il brivido di un giro sul sellino di una Yamaha YZR500
due tempi. Ha detto: “Credevo che la YZR fosse impressionante, ma la Ducati
la fa sembrare un trattore. Senza offesa per Yamaha, ma la differenza è quella
.”

C’è anche Fran Heppelwhite, una nonna sessantunenne: il giro sulla
biposto è stato il regalo di suo figlio per la festa della mamma. Ha
commentato: “E’ stato fantastico! La moto è dolce in certe
curve ma incredibilmente veloce. E rumorosa!” Allison Llewellyn guida una
Suzuki RGV250 ed era un’accanita sostenitrice delle due tempi, prima del
giro con Mamola… Il dirigente d’azienda australiano Neil Archer, che
ha comprato la Ducati 998RS U.S. Superbike di Doug Chandler per girare in pista,
è rimasto altrettanto colpito. Kevin Stansfield, commercialista di Southampton,
guida una Ducati 916SP. E’ riuscito a dire solo “Sono sbalordito,”
dopo il giro.

L’esperienza più toccante è stata quella di Gary Cowan. L’ex pilota
della classe 250 GP era stato indicato come futuro campione del mondo prima
dell’incidente di oltre dieci anni fa che lo lasciò paralizzato. Da 13 anni
non saliva su una moto, ed è stato il primo passeggero disabile sulla biposto.
Il campione irlandese ha dichiarato: “Ti fa capire quanti progressi abbia
fatto la tecnologia dei pneumatici da quando correvo io, quanto riescano a spingere
ora sull’anteriore. Anche se non eravamo al limite, ho pensato “Ma quanta aderenza
ha all’anteriore questa moto?!

Si ringrazia Motorcycle News – l’autore dell’articolo è
Richard Fairbairn

(Ducati.com)

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