MotoGP: Le storie di infortuni e recuperi “miracolosi”

Da Rossi a Stoner, da Lorenzo a Doohan, le imprese e i recuperi dei più grandi campioni

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MotoGP storie di campioni e recuperi miracolosi – La storia di questo sport è costellata da gravi infortuni e spesso anche molte tragedie, però ci sono alcuni casi in cui i piloti si dimostrano al di sopra delle normali capacità umane, mostrando una incredibile dedizione al loro lavoro e al loro unico desiderio: “stare in moto”.

Il loro desiderio, la loro dedizione, il loro talento. Sono queste le cose che li aiutano a guarire velocemente? O meglio, a fargli superare rapidamente traumi e a dargli la forza di tentare l’impresa? Che differenza c’è tra noi “comuni mortali” che per una storta, magari, rimaniamo in poltrona per una settimana e loro? Perché sì, è vero, sono super atleti e sempre seguiti e sotto osservazione da medici e specialisti, ma qualcosa in più in loro, è innegabile che ci sia. E’ anche vero che le loro ossa sono come le nostre, e che i tempi fisiologici per recuperare al 100% grosso modo sono gli stessi, ma la storia è piena di imprese incredibili, di piloti che sono tornati in sella con ancora fratture e ferite aperte. Certo molte di queste storie non sono a lieto fine, ma rimangono pietre miliari di questo sport e della voglia dei piloti di tornare il più velocemente in sella ad una moto, nonostante questa li abbia feriti nel corpo e nello spirito.

In questo momento abbiamo Valentino Rossi, che a 38 anni, sta cercando di tentare l’impresa: tornare in moto dopo soli 22 giorni dalla frattura scomposta di tibia e perone. Sette anni dopo un’altra impresa, quando si fratturò sempre la gamba destra e sempre in modo scomposto, ma esposta. In quell’occasione, il pilota di Tavullia recuperò in 41 giorni, o meglio, tornò a guidare una MotoGP. Anche in quell’occasione assistemmo a un recupero fenomenale, infatti, non molti lo ricorderanno, ma fece di tutto per rientrare il più velocemente possibile, andando a guidare una Yamaha SBK prima a Misano, poi a Brno, 30 giorni dopo l’infortunio.

Andando indietro di qualche anno, in molti si ricorderanno dell’impresa incredibile di Jorge Lorenzo nel 2013. Caduta sulla pista bagnata di Assen durante le prove libere, che in quell’anno si disputavano ancora il giovedì. Nel violento high-side il maiorchino riportò la frattura della clavicola. Venne subito portato in volo a Barcellona, dove si sottopose ad un intervento per ridurre la frattura, vennero applicate viti e piastre. Poi, dopo sole 36 ore, si ripresentò al circuito, dove prese parte alla gara tagliando il traguardo in quinta posizione.

L’anno prima, Casey Stoner, fu autore di un altro gesto storico. Il pilota australiano nelle qualifiche del Gp di Indianapolis del 2012, fu vittima di un un violento high-side. Nella caduta si procurò: fratture ossee alla caviglia destra, frattura cupola astra-galica (detto in termini non medici, sarebbe l’osso che unisce caviglia a tibia) e lesione dei tessuti intorno alla caviglia oltre a svariate contusione e strappi ai legamenti. Nonostante questo, però, Stoner prese parte alla gara chiudendo al quarto posto, ma saltando le successive 3 gare.

Continuando nel nostro viaggio tra gli infortuni e i recuperi, ovviamente, è doveroso citare Mick Doohan. Il pilota australiano nel 1992, fu vittima di un brutto incidente durante le qualifiche del Gp di Assen. La gamba rimase incastrata sotto la moto e, oltre alle ustioni, l’impatto con il cordolo gli ruppe tibia e perone. Venne operato immediatamente, ma la gamba cominciò ad andare in cancrena molto velocemente. Il Dr.Costa decise così di portarlo in Italia per per un nuovo intervento, in cui unì insieme le gambe per migliorare l’afflusso di sangue e salvargli non solo l’arto ma la vita. Doohan, che si stava giocando il titolo contro Wayne Rainey, dovette saltare 3 gare e disputò le ultime due tappe del mondiale chiudendo in dodicesima e sesta posizione, “consegnando” il titolo al pilota americano per soli 4 punti.

Nel 1994 fu Kevin Schwantz a stupire il mondo. Sempre ad Assen, il pilota americano si ruppe il polso, già gravemente lesionato a causa di una caduta in bici a inizio stagione. Il giorno seguente, apportando qualche modifica al manubrio della sua moto, tornò in pista e disputò la gara, chiudendo in quinta posizione. Quell’infortunio e l’assenza di tempi di recupero costò caro al pilota americano. Il polso continuò a peggiorare di gara in gara, e l’anno successivo dopo appena 3 gare, annunciò il ritiro dal motociclismo professionistico.

Scavando nella storia poi, troviamo una leggenda: Barry Sheene. Il pilota inglese nella sua carriera è stato autore di molti brutti incidenti, ma forse il più grave fu quello del 1975 a Daytona, quando la gomma posteriore della sua Suzuki TR750 esplose a 280 km/h. Nella caduta il pilota inglese si fratturò il femore, braccio, e diverse vertebre più altre varie lesioni. Tornò in pista dopo appena 49 giorni. Conquistando i 2 titoli mondiali in 500 nei 2 anni successivi. L’inglese fu autore di un altro recupero da record, infatti, nel 1982 in occasione delle prove libere del Gp di casa a Silverstone, si distrusse letteralmente il ginocchio e il polso, finendo con la sua moto contro quella di un pilota caduto poco prima. Ci vollero ben 27 viti e 7 ore di intervento per rimettere tutti insieme, ma tornò in sella ad una moto dopo 6 mesi e mezzo. Purtroppo però quello fu l’incidente che pose fine alla sua carriera. Nei due anni successivi salì sul podio solo una volta, e nel 1984 annunciò il ritiro.

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