MotoGP | Dovi e Yamaha: così non va [TITOLI DI CORSA]
Un matrimonio (per ora) fallimentare
La seconda sosta, dopo altrettante gare disputate, del Motomondiale 2022 ha i promettenti contorni della classica buona occasione per tracciare un primo, ma comunque già indicativo, bilancio di quanto fatto fino ad ora.
E se per qualcuno Losail e Mandalika sono state trasferte positive, in alcuni casi addirittura brillanti, per altri il bicchiere, nonostante i litri d’acqua caduti durante il fine settimana in Indonesia, è da considerarsi per forza di cose mezzo vuoto.
Tra quest’ultimi sicuramente, e tristemente, Andrea Dovizioso. Da quando si è seduto al tavolo da gioco di casa Yamaha, al pilota di Forlimpopoli non è ancora entrata una carta vincente. In sette gare disputate (comprese le ultime cinque dello scorso anno), il miglior risultato è stato il dodicesimo posto ottenuto a Valencia nel mese di novembre. Troppi problemi, troppo distante dai primi, troppi dubbi e troppi malumori, tutto, o quasi, negli ultimi sei mesi del Dovi non è andato per il verso sperato.
Nessuno dava per scontato che sarebbe stato facile, ma il percorso in sella alla M1 sta diventando una costellazione di rebus complicatissimi da provare a risolvere: dalle prestazioni al ribasso per colpa di un motore bloccato nello sviluppo, fino ad arrivare all’harakiri elettronico dello scorso week end che ha costretto Andrea al ritiro in gara dopo appena sette giri.
A poche ore dall’inizio del campionato Dovi prometteva “Se sono qui, è perché possiamo puntare in alto”, ma poi son bastati appena una manciata di kilometri, i crescenti problemi all’anteriore e l’assenza di grip per far scivolare via, inesorabile, quel timido accenno di ottimismo.
Vedere un tre volte vice campione del mondo, l’ultimo italiano post Rossi ad assaporare da vicino il sogno iridato, ridursi a duellare nelle retrovie ed arrancare tra molteplici difficoltà è il più classico dei pugni al cuore. Quando a fine 2020 il suo rapporto con Ducati arrivò ai titoli di coda, pochi di noi accettarono con il giusto distacco l’idea di non vederlo, la stagione successiva, ai nastri di partenza.
Ecco perché sei mesi fa ritrovare Dovizioso in sella ad una MotoGP, seppur in un progetto tutt’altro che costruito intorno a lui, fu accolto con degna soddisfazione, ma oggi pare evidente che ci troviamo dinnanzi ad un limbo di staticità sportiva che un talento come il suo non può e non deve meritare.
Tra una settimana si torna in pista in Argentina, circuito di Termas de Rio Hondo, dove Yamaha non vince dal 2017 con Vinales e dove Dovizioso è salito due volte sul podio sempre con Ducati. Una necessaria ed ulteriore opportunità per cercare di raccogliere sensazioni diverse da quelle, sterili, messe a referto fino ad ora, a condizione che la M1 giapponese risolva anche solo in parte i suoi difetti, per cominciare a dare una dimensione credibile al presente di un pilota che ha ancora fame di scrivere pagine importanti del proprio futuro.
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