Phillip Island Preview – Alla ricerca di nuovi talenti

Phillip Island Preview – Alla ricerca di nuovi talentiPhillip Island Preview – Alla ricerca di nuovi talenti

Come ogni fine stagione, nelle ultime settimane, i pettegolezzi hanno cominciato a spargersi tra i paddock come un fuoco nella foresta. Gli speculatori del business della pesca di un signor nessuno da mettere in sella, hanno tutti cercato la risposta all’importantissima domanda – da dove verrà fuori il prossimo talento della MotoGP. Scovare un potenziale Campione del Mondo è un business molto remunerativo, forse anche per quanto riguarda la soddisfazione personale, ma, quel che è certo, per quanto riguarda il conto in banca. Dipende dai punti di vista.

Quaranta, o addirittura cinquanta anni fa, bastava quasi fare un fischio verso una miniera di carbone nel nord est dell’Inghilterra, per trovare un campione internazionale di calcio. Un richiamo analogo, diretto invece ai Campionati inglese o italiano, ricavava una fila di piloti capaci di vincere Gran Premi in tutte le classi. Gente del calibro di Geoff Duke, John Suertees, Giacomo Agostini, Mike Hailwood e Carlo Ubbiali hanno imparato il mestiere sui circuiti su pista e su strada di casa loro, prima di allargare il loro talento al palcoscenico europeo. Si è trattato di una successione naturale e la Norton, la MV Augusta e la Gilera hanno avuto la possibilità di selezionare e scegliere tra i piloti in gara nei loro Campionati nazionali e nel gran numero di incontri internazionali che incrementavano il numero ridotto di Gran Premi.

Quando arrivò l’invasione giapponese all’inizio degli anni sessanta, le major Honda, Yamaha e Suzuki, tendevano a scegliere piloti già affermati sulla scena internazionale. Naturalmente cercavano di ottenere il meglio, infatti la Honda persuase Mike Hailwood a lasciare la MV Augusta nel 1966 e la Yamaha, nel 1974, mise a segno la più grande delle stangate: strappò il più volte Campione del Mondo Giacomo Agostini al suo amato team MV Augusta, per sferrare il suo attacco a due tempi al Campionato del Mondo dominato dalle quattro tempi. Ago non la deluse e portò alla Yamaha, nel 1975, il titolo iridato che bramava. Comunque si sentiva aria di rivoluzione e, sebbene Barry Sheene abbia mantenuto il tradizionale dominio europeo ancora per qualche anno, al di là dell’Atlantico, le piste americane in terra battuta stavano producendo una serie di piloti, di un calibro tale da non avere pari, né allora né adesso.

Un pilota californiano, piccolo di statura, ma ricco sia di talento che di volontà e che non ha mai avuto paura di esprimere un’opinione, capeggiò la rivoluzione che avrebbe cambiato il volto dei Gran Premi Motociclistici per sempre. Kenny Roberts s’era formato sulle dure e spietate piste americane in terra battuta. Arrivò in Europa per correre sulla Tarmac e, al primo tentativo, vinse consecutivamente tre titoli iridati della 500cc.

I cancelli s’erano aperti alla rivoluzione e, nonostante gli italiani Marco Lucchinelli e Franco Uncini avessero riportato in vita un po’ di orgoglio europeo, le case motociclistiche guardavano all’America e sotto i riflettori che illuminavano quegli ovali di un miglio e mezzo in terra battuta. Gente del calibro di Freddie Spencer, Wayne Rainey, Eddie Lawson e Kevin Schwantz, dominavano completamente l’azione e la maggior parte di quei grossi contratti distribuiti dalle case giapponesi. A partire dal 1983, i piloti americani vinsero nove dei successivi dieci Campionati del Mondo della 500cc.

Dimenticate le miniere di carbone e i Campionati nazionali, adesso, per avere piloti di classe Mondiale, bastava fischiare in direzione degli eventi delle piste americane in terra battuta, e sarebbero comparsi. È stata una straordinaria era di dominio quasi assoluto, ed i piloti europei non riuscivano ad aprirsi alcun varco. La situazione non migliorò per i piloti europei quando gli americani cominciarono a perdere terreno. Invece entrò in scena, decisa a conquistare il mondo, una nuova stirpe di piloti, ancora più lontani da casa, ma con lo stesso background delle piste in terra battuta.

Nel bel mezzo della dominazione americana, Wayne Gardner divenne il primo australiano a vincere il titolo iridato della 500cc nel 1987 per la Honda. L’indomito pilota, star della Honda, s’era fatto le ossa gareggiando sulle piste in terra battuta di casa sua, prima di arrivare in Gran Bretagna e farsi un nome nei Campionati nazionali. All’improvviso l’Australia divenne la meta dei talent scout, che non ne rimasero delusi.

La Honda si aggiudicò Mick Doohan, affinché guidasse la sua sfida verso il 21° secolo, poiché aveva fatto una grande impressione, non solo nelle gare del suo paese, ma anche vincendo alcune gare nel Campionato del Mondo di Superbike. Solo un incidente gli impedì di vincere, tra il 1994 e il 1998, più di cinque titoli Mondiali della 500cc, quando nel 1999, a causa delle lesioni, fu costretto a ritirarsi.

Ancora una volta, il pendolo riprese ad oscillare e stavolta a favore dei piloti europei, che avevano imparato il mestiere non sull’argilla americana o australiana, bensì attraverso il tradizionale percorso dei Gran Premi della 125 e della 250cc. Il compagno di team di Doohan, l’ex Campione del Mondo della 125cc, lo spagnolo Alex Criville, vinse il titolo iridato nel 1999. Nonostante il brillante diversivo dell’americano Kenny Roberts Junior, che riportò all’America il titolo iridato l’anno successivo, la storia aveva ormai voltato pagina per i ragazzi delle piste in terra battuta, almeno per il momento.

All’improvviso era tornato di moda ingaggiare piloti che avevano gareggiato ai livelli più alti delle classi inferiori. Un certo italiano divenne la prova che si trattava del modo giusto di procedere. Valentino Rossi aveva vinto diversi titoli Mondiali della 125 e della 250cc, prima di raggiungere la classe regina. Arrivò secondo il suo primo anno e da allora vinse tutto ciò che gli capitava a tiro, per tre titoli consecutivamente, sia con le moto a due tempi, sia con quelle a quattro tempi. Sono ancora in molti ad aspettare di raggiungerlo. Pensiamo ai teenager Dani Pedrosa, Jorge Lorenzo, Andre Dovizioso e Hector Barbara, sicuramente destinati alla MotoGP, nei prossimi anni.

L’avvento delle moto a quattro tempi della MotoGP ha comportato anche un flusso di talenti dal campionato del Mondo di Superbike. È certamente più facile per i piloti adattarsi alle caratteristiche della quattro tempi di quanto lo sia stato adattarsi alla moto 500cc due tempi, così difficile da dominare. Anche se i piloti della Superbike non hanno ancora dato i risultati sperati, c’è un pilota in particolare che molti team della MotoGP vorrebbero ingaggiare. E il suo ingaggio invertirebbe la tendenza, perché non è europeo.

Quindi, se foste un talent scout, da che parte comincereste a cercare per far crescere il vostro conto in banca? Non allontanatevi dalle gare di 125 e 250cc, tornate a dare un’occhiata all’argilla americana e australiana, controllate il calendario della Superbike, non trascurate i Campionati nazionali ed europei, oppure semplicemente correte dei rischi e tirate fuori un signor nessuno. Prima ha funzionato, come sicuramente vi dirà Kenny Roberts.

Camel Honda

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