MotoGP – Marco Melandri: ”Sembro uno mai salito in moto”
Ci sono piloti che cercano scusanti ad ogni costo. Moto, gomme, elettronica, eccetera eccetera. C’è poi chi, ed è il caso di Marco Melandri, comprende il problema, capisce di essere al momento senza giustificazioni e non può far altro che sincerare il proprio momento difficile. Cercando il sorriso, ammettendo di non riuscire a dare una sterzata decisa ad una stagione quantomeno al di sotto delle aspettative. Il ravennate ha voluto parlare di questo presente “impossibile” sul “Diario” del proprio sito ufficiale. Cliccando su questo link, Marco ammette di aver toccato il fondo, e di non riuscire a trovare un rimedio. Con una sincera umiltà, l’ex iridato della 250cc (e vice-campione della MotoGP 2005) spiega ai propri tifosi com’è la propria quotidianità, non riuscendo a riconoscersi in sella…
“Quando penso di aver toccato il fondo continuo a sprofondare ancora. Ho fatto qualsiasi cosa fosse possibile, all’inizio delle difficoltà cercavo di staccare la spina per ricaricare le pile, visto il risultato negativo ho provato ad isolarmi, per cercare concentrazione e nuove soluzioni ai problemi. Non riesco nemmeno a rivedere le gare in tv, se mi capita di rivedermi in moto mi dico che non posso essere io quello, sembro uno che non è mai salito in moto: rigido, insicuro, lento nei movimenti”.
Un brutto momento, specie ripensando ai progressivi miglioramenti dei test invernali, quando ancora Marco riusciva a divertirsi.
“Solo pochi mesi fa in Malesia mi sentivo un gatto, facevo quello che volevo con la mia moto, ridevo sotto al casco quando scivolava in ingresso in curva. Ora non sento mai l’asfalto, sono solo uno spettatore di lusso (in partenza, perchè dopo 2 curve non vedo più nessuno…)”.
Visione drammatica ai limiti della depressione? No. Marco crede ancora in un miglioramento, cercando di smentire chi non crede più in lui.
“In ogni caso continuo a crederci, a casa lavoro sodo e prima o poi dovrò tornare ad essere padrone della situazione”.
Il problema è il “quando”, non il “come”. D’altronde, e lo dice Marco stesso, peggio di così non può andare.
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