MotoGP – A due settimane dai test, la situazione delle squadre
Gentili Signori e Signore, si ricomincia. Due settimane al via, ufficioso, della stagione 2007 della MotoGP. Come da tradizione ci si ritrova tutti con qualche kilo di troppo e pensieri sparsi nelle mini-vacanze natalizie in quel di Sepang, teatro dei primi test, dei primi responsi, di inutili valutazioni destinati a non trovar conferma da Losail in avanti. Se la tradizione vuol proseguire la propria striscia propositiva per chi vive nel giudicare piloti e squadre, chi va male nei test vincerà il mondiale e viceversa. Eccezion fatta per il scontatissimo 2003, così recita la storia recente delle due ruote. Siamo nel 2004, Honda sugli scudi, Gibernau, Biaggi e Barros fenomeni: 9 mesi più avanti, Rossi vincerà il mondiale. Situazione similare nel 2005: Gibernau e Biaggi senza rivali, Rossi ancora una volta campione del mondo. Dodici mesi or sono, Valentino viaggia su ritmi impossibili per gli altri, Hayden inesistente e inconsistente, si arriva a Jerez e compare il morbo del chattering: sappiamo tutti come è andata a finire. Sarà così anche quest’anno? Nel cruciverba dei test, quest’anno ci sono nove caselle libere da scoprire. Alla definizione “Seconda generazione delle MotoGP”, si risponde con Ottocento. Centimetri cubici, ovviamente. Le nuove moto, la nuova sfida per una GP non già abbastanza carica di aspettative e prospettive. Con la certezza che siamo su livelli velocistici delle mille, bisogna domandarsi sull’attualità di squadre e piloti: in che condizioni si presenteranno a Sepang? Quali sono i punti a vantaggio e svantaggio di team, moto e centauri? Proviamo a fare uno specchietto introduttivo, destinato a venir accartocciato e gettato nel cestino più vicino alla propria scrivania da qui ad una decina di giorni…
Honda: la certezza di chiamarsi Honda
Promemoria: quando la Honda si lanciò verso l’avventura a 4 tempi della MotoGP con la RC211V, Valentino Rossi all’epoca affermò senza inibizioni “Nel 2002 voglio correre con la 500cc: la nuova moto, non va”. Col senno di poi, ha avuto ragione la Honda. D’altronde avere la certezza di chiamarsi così, identificarsi nelle tre magiche lettere HRC e disporre di risorse economiche ed umane quasi illimitate pone la neonata RC212V al top del motociclismo. Non è stata la più veloce in assoluto tra Valencia e Jerez, non ha mostrato di avere secondi di margine, ci è bastato vederla per capire che questo gioiello ha dalla parte sua un potenziale astronomico. Diversa e allo stesso tempo somigliante al concetto che l’ha preceduta, la nuova RCV non è la mini-moto costruita da un sarto intorno al piccino Pedrosa. Hayden se n’è fatto una ragione, anzi, ha rivelato quale sia la vera ragione: “Non sono le dimensioni a crearmi difficoltà: è più che altro questione di feeling”. Insomma, tempo al tempo, e troveremo la risoluzione finale al dilemma incentrati sulla questione di kilogrammi e centimetri. Con la consapevolezza che tutti gli Hondisti hanno trovato la 800cc che volevamo: ufficiali a parte, Melandri è entusiaste, Elias è consapevole di poter vincere gare, Nakano non ne poteva più della Kawasaki e Checa ha l’occasione della vita. Un bel parco piloti, nessuno dei quali realmente un nanetto, ma nemmeno un gigante. Se è vero che la Honda storicamente rappresenta la moto più gestibile per tutti, non c’è di che preoccuparsi.
Yamaha: carene nere, pensieri sereni
AAA cercasi sponsor. Che volendo si può trovare con un battito di mani, ma al momento si preferisce aspettare o prendere strade alternative. Questa l’attualità descritta dai giornali in casa Yamaha, quando sarebbe più giusto parlare dell’effettivo valore della M1 800cc (più che soddisfacente) nonché, ovviamente, delle motivazioni di Valentino Rossi. Perdere un mondiale come lo si è perso offre ulterior grinta in grado di allarmare gi avversari, quanto basta per scalare le classifiche ancor prima di salire in sella. Sponsor e considerazioni valentiniane, la Yamaha si tiene stretto Colin Edwards, che non sarà il più veloce sulla piazza ma assicura una sensibilità nelle valutazioni da tester ed un’armonia all’interno della squadra introvabile con altri piloti. Chiudiamo con il team Tech 3: la partenza di Checa verso il fronte Honda pesa e non poco. Chi svilupperà adesso le Dunlop? Makoto Tamada (ritenuto abile per questo compito da Michelin e Bridgestone) e Sylvain Guintoli. Ripensando che da Poncharal negli ultimi 6 anni sono passati piloti come Nakano, Jacque, Barros, Elias e Melandri, non è propriamente il massimo.
Ducati: la moto va
Tralasciando gli ultimi test di Jerez dove le prove di natura elettronica ha posto in secondo piano il cronometro, la Ducati Desmosedici GP7 è una moto nata bene a cui sembrano bastare pochi affinamenti per renderla vincente. Capirossi è una certezza, Stoner la scommessa, il talento dal potenziale enorme con l’unica pecca di non capire ancora quale sia il limite fisico della propria motocicletta. Sistemato questo, anche l’australiano (neo-sposino?) sarà protagonista in pista e tra i Ducatisti. Parlando del team d’Antin, ormai “satellite” al 100 %, Hofmann resta e resterà sempre il solito, Barros ritorna dopo un anno così così in Superbike. Nei test è andato bene, aspettiamo ora il rendiconto delle prime prove importanti.
Suzuki: l’entusiasmo ha ragione di esistere?
Sorpresa sorpresona, la Suzuki GSV-R 800cc “Gamma 7” ha mostrato una competitività esasperata al debutto con i piloti titolari. Più che esasperata, esagerata. Insomma, sia quel che sia, è quasi matematicamente impossibile pensare, credere che tutto d’un tratto le moto azzurre viaggiano sui binari a velocità siderale. Sarà vero, non sarà vero, tutti gli uomini diretti da Paul Denning sono entusiasti. A bocce ferme, non è mai cosa intelligente esserlo…
Kawasaki: viva l’incertezza
Per parlarne male, ne parliamo poco. La Kawasaki, perso Nakano, sembra aver perso tutto nel proprio programma MotoGP. La competitività mostrata dall’ultima edizione a 1000cc della ZX-RR si trasforma in molteplici incertezze sul futuro agonistico. La nuova 800cc ha debuttato tardi, percorso pochi kilometri, indietro nello sviluppo e nella classifica dei tempi. Jacque e De Puniet sono piloti solidi e concreti, ma non fulmini di guerra. Per questo, e per altre ragioni, si è preferito tenere anche per il 2006 un profilo basso. Ancora una volta, ancora…
Alessio Piana
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