MotoGP – 2007, l’anno della verità per Shinya Nakano
Giustamente, in questo periodo di bando dei test invernali, ci si interroga su come si caratterizzerà la stagione 2007 della MotoGP. La domanda più banale ci porta su quali saranno i contendenti al titolo assoluto del motociclismo, con soliti volti per abitudinari nomi (Rossi, Hayden, Pedrosa, Capirossi, Melandri chissà) per l’affascinante incognita della competitività delle neonate 800cc. Sicuramente, quantomeno sulla carta e scorgendo semplicisticamente i valori in campo, Shinya Nakano non può puntare al titolo mondiale. Non adesso, non al primo anno in Honda, non senza aver acquisito un’esperienza fondamentale per lottare ai massimi livelli. Eppure la storia di Nakano, pilota dal casco con gli occhioni in ricordo di Yasutomo Nagai (giapponese di grande talento scomparso tragicamente nel Mondiale Superbike ad Assen nel 1995), inevitabilmente ci offre la tematica che il 2007 potrebbe davvero essere il suo anno. Non per il Mondiale, ma per ben figurare, insomma, tra i primi 5/6 del campionato ci può stare senza troppi problemi. Il buon Shinya dal canto suo ha un talento indiscusso, una metodologia di lavoro tipicamente giapponese ma europeizzata per standadizzarsi ai canoni del Motomondiale, ed una moto gestita da una squadra professionale come il team di Gianluca Montiron.
Nakano non può sbagliare: nel suo 2007 potrà essere la sorpresa, l’outsider di lusso oppure cadere nella delusione generale. Ha tutto dalla sua meno il tempo: sa benissimo che dopo tre stagioni sofferte in Kawasaki non può far altrimenti che dar gas e volare con la Honda RC212V. In caso contrario sarebbe uno dei tanti, uno di quei giapponesi bravi sì, per carità, ma per vincere il mondiale della classe regina ci vuol ben altro.
Shinya ha davvero le potenzialità per un futuro non troppo lontano di lottare con Rossi e compagnia. Il talento lo ha portato nel 2000 a sfiorare (leggi perdere all’ultima curva per 12 centesimi) il titolo della 250cc. Passato in 500, è stato, Biaggi a parte, forse il rider Yamaha più concreto, dal rendimento migliore e costante. Gli anni successivi, non avendo a disposizione moto e probabilmente una squadra all’altezza (Tech 3 prima e d’Antin poi) non c’è stata la possibilità di ben figurare, e questo l’ha portato al “passaggio del secolo”: da Yamaha a Kawasaki.
Un divorzio, quello con Iwata, difficile da digerire per uno che ha i Tre Diapason tatuati sul proprio corpo. Più che altro per la storia dei piloti nipponici: mai, eccetto rarissimi casi di necessità, un “Jap” lascia la casa costruttrice che l’ha scoperto, svezzato, allevato, portato alla ribalta per una concorrente del Sol Levante. Nakano, per necessità, è stato costretto a optare per questa scelta, trovandosi tutto sommato bene con la Verdona di Akashi, alla quale ha regalato podi, prime file nello schieramento pur senza riuscire a vincere (probabilmente a Phillip Island quest’anno ci sarebbe riuscito, ma il meteo ha fatto le bizze).
Adesso, complici i problemi in Kawasaki ed un’offerta irrinunciabile da parte della Honda-JiR, si trova in sella alla RC212V. Primi test andati molto bene, feeling a quanto pare già trovato, stile di guida adatto per le specifiche della V4 800: d’altronde basta vedere un suo giro di pista, con uno stile di guida molto “soft” che necessita di una fiducia all’avantreno che solo la RCV sembra in grado di garantirgli. Come si suol dire “Staremo a vedere”. Solo archiviato il Motomondiale 2007, dati alla mano, anche a Tokyo si chiederanno se il caso porta a tirar fuori dal cassetto l’ambizioso progetto di titolo conquistato con moto e pilota giapponese…
Alessio Piana
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