MCN prova la Desmosedici….
RASSEGNA STAMPA – MCN PROVA
LA DESMOSEDICI (1/4)
La polvere non aveva fatto in tempo a posarsi sull’ultima gara del calendario
MotoGP a Valencia che i team avevano già affidato a MCN le loro esotiche moto
da gara. Ci è stata concessa la possibilità senza precedenti di salire
sulle moto più veloci del pianeta, e abbiamo messo alla prova a Valencia la
Desmosedici 990cc V4, di solito guidata dall’ex Campione del Mondo Superbike
Troy Bayliss, per scoprire che cosa l’ha resa capace di una stagione di debutto
tanto sensazionale nella massima categoria.
Di Trevor Franklin per Motorcycle News.
La Desmosedici V4 ha debuttato in MotoGP lo scorso aprile, nella prima gara
del campionato a Suzuka, ed ha immediatamente catalizzato l’attenzione quando
Loris Capirossi, in sella a questa moto, ha tagliato il traguardo al terzo posto.
Le case storicamente iscritte alla MotoGP, Honda, Suzuki e Yamaha, sono rimaste
impressionate. La piccola casa italiana aveva dichiarato che i piazzamenti da
podio non sarebbero probabilmente arrivati prima di fine stagione, perché gli
altri costruttori avevano avuto un anno in più per sviluppare il nuovo motore
quattro tempi da GP. Ducati è rimasta sorpresa quanto gli altri costruttori
da questo risultato.
E quando Capirossi ha vinto il GP di Catalunya appena due mesi dopo, i volti
imperscrutabili dei boss giapponesi sono diventati più rossi del rosso Ducati.
La stagione è proseguita in maniera consona. A Valencia, Ducati ha conquistato
un altro terzo posto e si è aggiudicata la seconda posizione nel Mondiale Costruttori
dietro la Honda. Dopo il passaggio di Valentino Rossi dalla Honda alla Yamaha
per il 2004, Ducati viene considerata la principale minaccia per casa Honda
nella corsa al terzo titolo della MotoGP. Abbiamo provato la Desmosedici di
Troy Bayliss sulla pista di Valencia, in Spagna.
RASSEGNA STAMPA – MCN PROVA
LA DESMOSEDICI (2/4)
Guida
Una moto stretta implica una posizione di guida chiusa, con braccia e gambe
ripiegate, non il massimo della comodità per il mio 1.75 di altezza. Troy Bayliss
vuole il manubrio largo e praticamente orizzontale. Sarà senz’altro la regolazione
giusta per l’australiano, ma io ho le braccia più lunghe di lui. Sento già le
vesciche formarsi sul palmo delle mani, pigiate contro il manubrio piatto, soprattutto
quando devo spostare di peso la moto nei cambi di direzione. Sulla moto di Capirossi,
i semimanubri sono più angolati verso il basso e all’indietro, grazie alla sua
formazione sulle purosangue da GP.
Le pedane sono lunghe 100mm, il minimo consentito dal regolamento. Ma poiché
la moto è stretta e le pedane sono troppo alte per me, sono costretto a tenere
i piedi sulla parte più alta, all’estremità delle pedane, che sono state regolate
per tenere ben fermi gli stivali di Bayliss, mentre i miei continuano a scivolare.
Questo dimostra che, per essere sfruttata al meglio, una moto di questo calibro
deve essere costruita su misura per il pilota. Bayliss vuole il manubrio orizzontale
e le pedane alte, ed è esattamente ciò che ottiene sulla sua Desmosedici.
Maneggevolezza
E’ incredibilmente veloce passare dalla posizione verticale alla piega completa.
La moto scende in piega non appena si caricano i semimanubri o le pedane. Riportarla
in posizione verticale richiede uno sforzo fisico molto maggiore. Anzi, diciamo
che si fa una gran fatica, rispetto a una Yamaha o a una Honda. Dopo appena
quattro giri, mi ritrovo a sbuffare come un mantice per lo sforzo.
Il motore fa parte integrante del telaio, e quindi, i carter del V4 sono pesantemente
rinforzati per gestire le forze generate dal forcellone imbullonato su di essi.
Ciò significa che molto del peso è in basso, eppure, la moto comunica la sensazione
opposta di baricentro alto, se confrontata alle altre due marche. Uno dei motivi
è l’assetto scelto da Troy Bayliss per la sua moto. L’australiano guida con
l’avantreno più alto e le molle delle forcelle più rigide rispetto a Loris Capirossi.
Il mio peso (che supera decisamente quello di Bayliss in perfetta forma fisica),
comprimendo le molle posteriori, altera la postura della moto e rende meno preciso
il controllo dello sterzo.
Mi ritrovo infatti leggermente lungo in ingresso di curva, e la Desmosedici
non sempre raggiunge esattamente il punto verso il quale la dirigo. Questo potrebbe
per la verità essere attribuito al fatto che la moto scende in piega tanto bruscamente
che può indurre ad anticipare erroneamente il punto di ingresso in curva. In
tal caso, occorre correggere il tiro, e a quel punto, ci si ritrova già in curva
e leggermente fuori traiettoria.
Alle velocità di gara, la Ducati non fa prigionieri: il pilota deve intervenire
di forza per rialzarla e cambiare direzione, ed è così che la preferisce l’ex
campione della Superbike Bayliss. Capirossi invece, cresciuto a pane e due tempi,
e dunque abituato alle moto da GP più leggere e precise nei cambi di direzione,
preferisce un assetto con l’avantreno più inclinato (minor avancorsa), per aumentare
la maneggevolezza e la facilità di guida a scapito della stabilità.
RASSEGNA STAMPA – MCN PROVA
LA DESMOSEDICI (3/4)
Motore
Grazie agli oltre 200bhp a disposizione, la Desmosedici è una moto potente.
Ma, a differenza della Yamaha, è anche gestibile. La potenza e la coppia vanno
di pari passo per tutto l’arco di erogazione, finché non scatta il limitatore
di giri a 16.000 RPM. A partire dai 4000 giri, il “tiro” cresce, molto rapidamente
e senza sforzo. Tanto regolarmente da trarre in inganno: solo il ruggito assordante
dello scarico avverte che il V4 è un mostro pronto a mordere. E il suo morso
può essere pericoloso, come scopro di persona percorrendo il curvone a sinistra
prima dell’ultima curva che immette sul rettilineo d’arrivo della pista di Valencia.
In piega, con la punta del piede spingo in basso il cambio da corsa rovesciato
per inserire la terza e ridurre i giri, e poi spalanco il gas. In un attimo,
il contagiri digitale passa da 9000 a oltre 15.000. Abbastanza da far derapare
la ruota posteriore.
Quando i giri cominciano a scendere, il pneumatico riprende aderenza. Andare
vicino a un highside con questa moto costosissima mi fa contorcere le budella.
Fortunatamente, non succede. Il posteriore smette di scivolare e la moto si
ricompone. Per un pelo…la Ducati percorre la tortuosa parte interna del circuito
sfruttando la frazione intermedia e quella più elevata del suo arco di erogazione.
La regolazione del gas è estremamente precisa: tanto che si può tranquillamente
aprire e chiudere il gas a metà curva, per correggere la traiettoria senza timore
di far scomporre la moto.
Il motore V4 è sufficientemente grintoso da farmi percorrere tutta questa parte
del circuito in terza. L’erogazione di potenza è molto simile a quella delle
V-twin Ducati stradali con propulsore Testastretta, come la 999. La configurazione
del V4 lo rende più morbido di un bicilindrico a V, ma con sempre tanto tiro
in basso e tanta potenza. Solo quando la moto è ormai verticale riesco a sfruttare
al meglio l’enorme spinta del motore Ducati in uscita di curva, e la sua esagerata
potenza massima. Che potenza. Che moto.
Freni
La prima volta che aziono la leva del freno anteriore nel giro di ricognizione,
non mi è immediatamente chiaro il motivo per cui i freni al carbonio si siano
conquistati la fama di saper fermare la moto in spazi incredibilmente ridotti.
Sì, per rallentarmi mi rallentano, ma non abbastanza da sorprendermi e mostrarmi
all’istante la loro manifesta superiorità rispetto ai freni in acciaio sulla
999 F03 campione del mondo Superbike di Neil Hodgson. Quando però la velocità
aumenta, comincio a capire. Azionati a fondo, con molta pressione sulla leva,
raggiungono in poco più di un secondo la temperatura d’esercizio ottimale. Più
si tiene tirata la leva e più i freni mordono. Non ci metterebbero molto a bloccare
la ruota anteriore a 250 km/h.
Il primo segno che i freni si stanno impegnando a fondo è un sibilo fortissimo
che copre il rumore dell’airbox e dello scarico, solitamente predominanti, seguito
da un brusco abbassamento dell’avantreno. Dopodiché, il mondo rallenta ad una
velocità impressionante. Alla presentazione in pista del modello 2000 della
Yamaha R1, ho imparato dove si stacca alla prima curva di Valencia. Sulla Desmosedici,
molto più veloce, oltrepasso quel punto di una settantina di metri prima di
azionare il freno. Ma è ancora troppo poco, e devo riaprire il gas prima di
riuscire perlomeno a scorgere il punto di corda. Era inevitabile: ho raggiunto
il limite delle mie prestazioni prima di raggiungere il limite delle prestazioni
dei freni.
Sospensioni
La rigidità delle forcelle anteriori Ohlins da 42mm è a tre viti di fissaggio.
Grazie alla sublime efficienza delle sospensioni le irregolarità dell’asfalto
non hanno praticamente alcun effetto sulla guidabilità. E il comportamento dei
pneumatici è sempre sincero: anche in condizioni di massima compressione o massima
estensione delle sospensioni, si “sente” sempre quanto grip hanno le gomme.
Ducati definisce ‘montato a distanza’ il monoammortizzatore di questa moto.
Si tratta di un sistema simile a quello Pro-link della Honda sulla RCV. L’ammortizzatore
non è montato sul telaio o sul motore, ma collegato tramite cinematismi rotanti
al motore e alla parte sottostante del forcellone pesantemente rinforzato
Questa configurazione è stata pensata per prevenire la trasmissione dei violenti
sobbalzi delle sospensioni attraverso il telaio. All’inizio dell’anno, la Desmosedici
sbandava vistosamente. Quando Troy Bayliss o Loris Capirossi spalancavano il
gas, il pneumatico posteriore cominciava a pattinare. Pare però che Ducati,
accorciando leggermente l’interasse, sia riuscita ad eliminare praticamente
del tutto il problema. Ora la Desmosedici appare perfettamente governabile.
Il controllo sul retrotreno è impressionante: tanto da spingermi ad aprire il
gas con sempre maggior anticipo.
Loris Capirossi
“Sicuramente, la mia è un’ottima moto…e migliorerà senz’altro ancora, perché
Ducati ha svelato solo in parte l’enorme potenziale di questa moto.”
Corrado Cecchinelli
“La definirei italiana sotto ogni punto di vista. E’ una miscela di genio e
tanto stile, è piena di glamour, bellissima e … rumorosa!”
Guglielmo Andreini
“Una bellissima moto, tecnicamente complessa eppure facile da gestire per un
meccanico: sostituire il motore o un componente del telaio è estremamente rapido.”
Fonte: Ducati.com
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