Yamaha 1994-2003: cronaca di dieci sconfitte

Yamaha 1994-2003: cronaca di dieci sconfitte

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Come è noto l’ultimo titolo piloti della Yamaha nella 500/motogp risale
al 1992. Allora il "rider" era Wayne Rainey ed il team era quello capitanato
da Kenny Roberts. Escludendo il 1993, anno in cui senza l’incidente Rainey avrebbe
probabilmente vinto il suo quarto titolo, ed in cui Yamaha vinse comunque il titolo
costruttori, e considerando che sicuramente anche quest’anno resteranno lontani
dalla vetta, sono ben dieci anni che la casa dei tre diapason non vince il mondiale
piloti.
Vorrei provare, senza entrare nei dettagli tecnici che rischiano di essere eccessivamente
dispersivi, a fare un analisi di massima dei perchè di questi dieci anni
di sconfitte.

1994/1998
Durante il regno di re Mick ci sono poche soddisfazioni ed una serie di errori,
specialmente nella gestione dei piloti.

Dopo il ritiro forzato di Rainey la Yamaha schiera come pilota di punta Luca
Cadalora affiancato dai vari MacKenzie, McWilliams e Beattie. Il pilota italiano
del team Roberts non va però più in là di un secondo posto
conquistato all’ultimo gran premio, lontano anni luce da Doohan ed in lotta
con la Cagiva di Kocinski ed uno spento Schwantz sulla via del ritiro, mentre
gli altri addirittura finiscono oltre il decimo posto in classifica.
Gli anni successivi sono poi anche peggio. Nel 95 Cadalora scivola al terzo
posto in classifica senza riuscire a riportare la Yamaha ai livelli degli anni
precedenti mentre l’esordiente Abe finisce al nono posto. Dal 96 al 98 c’è
spazio per l’improvvisazione con una scelta di piloti spesso anche lungimirante
ma non troppo convinta e mal supportata in cui oltre all’abbandono/ritorno/abbandono
di un Cadalora sul viale del tramonto segnaliamo anche le partecipazioni con
le moto di Ywata di Capirossi, Roberts jr., Jean-Michelle Bayle, Gibernau e
Corser (tutti solo per un anno). Il risultato: in classifica non si va più
in là di un quinto/sesto posto, l’evoluzione delle moto è praticamente
ferma, uno spreco insensato di talenti.

1999/2000
La rinascita e l’occasione mancata
Nel 99 finalmente si cambia registro. Si ingaggiano piloti di sicuro talento
come Biaggi, Checa e McCoy e si inizia a supportarli un pò di più.
Lo sviluppo della moto riparte e nonostante Criville arrivi al titolo con apparente
facilità la distanza da Honda si accorcia moltissimo e quello che fino
all’anno prima sembrava impossibile (battere la nsr) verso fine stagione diventa
improvvisamente realtà ed arrivano tre belle vittorie con Laconi, Biaggi
e Abe. Il 2000 potrebbe essere l’anno buono. La YZR è probabilmente la
moto migliore e schiera un parco piloti con cui puntare al titolo diventa obbligatorio
ma una grande annata di Gary McCoy ed una niente più che discreta di
Biaggi e Checa portano "solo" al titolo costruttori e un terzo, quinto
e sesto posto nella classifica piloti. Il titolo va Kenny Roberts jr su una
Suzuki sicuramente inferiore sia a Yamaha che a Honda ed esordisce Valentino
Rossi che nel anno di "praticantato" si porta a casa un secondo posto.

2001
Un nuovo re
Nell’anno del dominio italiano Valentino Rossi riparte da dove Mick Doohan si
era fermato. Vince davanti a Biaggi (Yamaha) e a Capirossi (Honda). Nakano,
Checa e Abe si piazzano dal quinto al settimo posto, McCoy non riesce più
a graffiare e Haga si fa notare più per le cadute che per i risultati.
Comunque il secondo posto di Max è il miglior risultato dal titolo di
Rainey (ottenuto con più margine del secondo posto di Cadalora) e la
moto è sullo stesso livello (o comunque molto vicina) alla Nsr Honda.

2002/2003
Un nuovo passo indietro
L’alba dell’era Motogp inizia nel peggiore dei modi. In tutta la prima parte
del campionato la moto è inguidabile e tutto l’incenso cosparso dai suoi
piloti (Biaggi e Checa in primis) durante i test invernali si disperde nell’aria
senza lasciare traccia. Complice forse la diversità di vedute dei due
piloti la moto non c’è. C’è solo un motore che va forte in rettilineo
ma piano in curva e perfino le 2T si permettono il lusso di sverniciare le M1
del team Marlboro. Si corre ai ripari e verso fine stagione si iniziano a vedere
i risultati. Biaggi ha un gran manico e riesce ad agguantare il secondo posto
in classifica ed un paio di vittorie sulle "sue piste" ma il mondiale
piloti ormai è andato. Nel 2003 la storia si ripete. Biaggi non c’è
più ma resta un moto che va forte solo d’inverno. Honda progredise e
Yamaha resta al palo superata anche dall’esordiente Ducati. Manca il motore,
il telaio ma sopratutto una linea di sviluppo chiara. Mancano dei piloti di
riferimento o quantomeno il coraggio di affidarsi ad un solo pilota e di non
ascoltare tutti. Manca un team interno o quantomeno preferenziale come ai tempi
di Roberts. Manca un parco piloti di qualità e non solo di quantità.
I vari Checa, Nakano e Jacque vanno bene per far numero ma di certo non per
puntare al titolo e non si può prendere un buon pilota come Barros per
poi metterlo nel peggiore dei due team ufficiali e non considerlo in fase di
sviluppo.

In questi dieci anni c’è stata una costante che ha accompagnato la casa
di Iwata nei momenti peggiori ed è stata la mancanza di coraggio nelle
proprie scelte e la paura di sbagliare. Si sono provate un sacco di soluzioni
sia dal punto di vista moto che dal punto di vista piloti ma quasi mai (Biaggi
e Checa sono un eccezione e coincidono con i migliori momenti di questi dieci
anni)si è avuto il coraggio di percorrerle fino alla fine.

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