Talento e mistero: Freddie ”Fast” Spencer
Questa è la storia di un pilota che ha suscitato scalpore per le sue imprese, ma anche mistero: storie di complotti, infortuni reali o presunti tali ruotano intorno alla sua persona, e ancora nessuno riesce a capire come un pilota del suo calibro possa essere sparito dall’alta classifica così repentinamente dopo aver sbaragliato tutti o quasi tutti i record dell’epoca. I più esperti avranno già capito che stiamo parlando di Freddie “Fast” Spencer, praticamente una meteora molto luminosa del mondo del Motomondiale, durata pochissimi anni nonostante il suo immenso talento.
Tornando indietro nel tempo ci ritroviamo al 20 dicembre 1961, quando in un ospedale della Louisiana nasceva Freddie Spencer. La sua carriera motociclistica inizia molto presto, quando a cinque anni disputa la sua prima gara nel mondo del fuoristrada, nel quale resta fino a dieci anni, vincendo 10 campionati in cinque anni tra Short Track e Dirt Track.
A 11 anni sale per la prima volta su una moto da strada, partecipando a una gara a Dallas con una Yamaha 100cc. La cosa evidentemente gli è piaciuta parecchio, visto che da lì in poi ha deciso di abbandonare il fuoristrada per dare sfogo al suo talento nella velocità. Nel 1979 infatti domina il campionata AMA 250cc nella categoria “novice”, vincendo tra l’altro tutte le gare. L’anno dopo bissa il titolo, questa volta nella categoria “Expert”, però non gli riesce di vincere ogni gara, visto che in una di queste arriva secondo.
Sempre nel 1980 corre anche il campionato AMA Superbike, che conclude terzo, aggiudicandosi le due gare di Sears Point e del mitico circuito di Laguna Seca; con la vittoria a Sonoma Freddie segna il primo dei suoi record: a 18 anni e otto mesi diventa il più giovane pilota ad aver vinto una gara nel campionato americano nazionale. Nello stesso anno per Freddie arriva anche il primo assaggio della categoria 500cc del campionato mondiale: è il Gran Premio del Belgio, ma il pilota non brilla e a fine gara non riesce a entrare in zona punti.
Nel 1981 passa da Yamaha a Honda, che lo ingaggia per correre il campionato AMA Superbike: conclude terzo, mentre con una Yamaha TZ750 super privata debutta nel panorama europeo, vincendo la Transatlantic Match Races davanti a due piloti del mondo che corrispondono ai nomi di Kenny Roberts e Barry Sheene, che ovviamente avevano il supporto ufficiale. Inoltre la Honda gli offre anche la possibilità di sviluppare l’innovativa NR500 a quattro tempi.
Freddie conclude l’AMA SBK in seconda posizione, alle spalle di Eddie Lawson, e le battaglie tra i due piloti contribuiranno a far dilagare negli States la popolarità di questo campionato, mentre le sue partecipazioni al Motomondiale si chiuderanno amaramente. La Honda non è competitiva e non permette a Spencer di raccogliere nemmeno un punticino iridato.
Finalmente nel 1982 la presenza di Freddie nella 500cc non è più occasionale, ma la Honda gli concede di correre l’intera stagione con la NR500 a tre cilindri, e mai scelta fu più azzeccata. Spencer riesce a vincere la sua prima gara, in Belgio, il 4 giugno e a soli 20 anni diventa il più giovane vincitore di una gara della massima categoria, record che ancora gli appartiene, ma che ha rischiato di perdere quest’anno con l’avvento dei ragazzini terribili, Pedrosa e Stoner. Ma quella del Belgio non è la sola vittoria del 1982: Freddie riesce ad aggiudicarsi anche il gran premio di San Marino e conclude terzo in campionato, vinto da Uncini, con 72 punti.
Il 1983 per il pilota americano sarà l’anno della consacrazione; dopo una lotta durata tutto il campionato con Kenny Roberts vinta per soli due punti sul connazionale, a 21 anni Spencer diventa il più giovane campione del mondo della storia della 500cc. E’ anche una sfida vinta dalla Honda tre cilindri, meno potente rispetto alla Yamaha quattro cilindri, all’epoca la moto top della categoria.
Il successo mondiale, ad ogni modo, gli consente di vincere insieme a David Bailey l'”AMA Pro Athelete of the Year Award”, un premio equivalente a grandi linee al nostro “Casco d’Oro”.
Il 1984, però, non sarà un trionfo come l’anno prima; infatti la Honda, decisa a mettersi alla pari con le altre case, gli assegna lo sviluppo della nuova Honda 500cc 4 cilindri a V. Purtroppo come spesso accade con lo sviluppo di una nuova moto, rotture e problemi lo attanagliano per tutta la stagione, permettendogli di correre solo sei gare. Nonostante partecipi solo a metà del campionato, che all’epoca consisteva di sole 12 gare, Spencer riesce a concludere la stagione al quarto posto, perché è vero che è partito solo sei volte, ma cinque di queste le ha vinte ed in una è arrivato secondo.
Queste stagioni, insieme a una sopravvalutazione dei propri mezzi che lo rendevano uno dei personaggi caratteristici del paddock (pensate che era convinto di possedere una supervista che gli permetteva di vedere i volti di tutti i passeggeri di un treno anche in un passaggio a livello!!) lo porta a compiere una scelta che forse fece balenare in molte menti l’idea che quel pilota avesse qualche cromosoma extraterrestre nel sangue: la sua decisione è infatti quella di correre contemporaneamente due mondiali: quello della 500cc e quello della 250cc.
Una scelta azzardata, rischiosa, da pazzi insomma, soprattutto per la forza fisica e psicologica necessaria all’epoca per correre su quei prototipi che non avevano neanche la metà della tecnologie delle attuali MotoGP. Del resto non sarà esattamente un caso se Freddie è stato ed è tuttora il primo e l’unico pilota ad aver tentato con successo un’impresa del genere.
Impresa da cui, tra l’altro, esce vincente: Freddie conquistò entrambi i titoli con un totale di quattordici vittorie e nove giri veloci. In particolare nella 250cc su dieci gare ne vince sette, ottenendo anche sei pole position, mentre nella 500cc si porta a casa un bottino formato da sette vittorie e nove pole position.
Per molti una fatica del genere basta e avanza per voler chiudere la stagione subito dopo il mondiale e stendersi a letto in casa proprio in completo relax, ma stiamo parlando di Spencer, non di molti, e l’americano certo non si accontenta di un “magro” bottino conquistato nel mondiale. Decide quindi ci correre anche la Daytona in tre classi differenti: 250cc, 500cc e SBK, e indovinate un po’? Le vince tutte e tre! Ovviamente tutta questa serie di trionfi piuttosto ravvicinati non passano inosservati: Freddie si aggiudica per la seconda volta l’AMA’s Pro Athelete of the Year, e ovviamente per l’anno dopo su di lui ci sono grandi aspettative per una replica. Una replica che non avviene.
Nel 1986 Spencer riuscirà a correre solamente due gare, senza conquistare nemmeno un punto iridato. Questa stagione è infatti segnata da diversi infortuni: una dolorosa tendinite che lo accompagna per tutta la stagione, ma subirà altri infortuni al ginocchio, alla testa e agli occhi. L’americano però rifiuta ogni genere di cura, cosa piuttosto strana, che come avviene in tutti i casi del genere, scatena una pioggia di voci che mettono in dubbio l’esistenza reale di questi infortuni; comunque, infortuni o no, il nome di Spencer alla fine di quell’anno non compare nella classifica. Se molti hanno pensato, oppure stanno pensando in questo momento che forse il 1986 è stato solo un anno no che può capitare a qualunque pilota si sbaglia, perché la parabola discendente di Fast Freddie è solo all’inizio, ed è una parabola da cui il pilota non riuscirà a venir fuori.
Infatti anche nel 1987 l’americano no brilla e conquista solo quattro punti, tutti in Svezia e a fine anno per trovare il suo nome bisogna arrivare quasi sul fondo della classifica, fino alla 20°posizione. Come se non bastassero le delusioni delle corse, anche la concessionaria Honda che aveva aperto negli Stati Uniti fallisce miseramente.
Questo è veramente troppo per un pilota competitivo come Freddie, che decide di evitarsi altre delusione e nel 1988 decide di chiudere con le corse. Molti dissero che alla base di questo ritiro, oltre alle cocenti delusioni, ci fu un’incapacità da parte del pilota di resistere al dolore, ma altri episodi fanno pensare l’esatto contrario, come quando nonostante un caldo che avrebbe sciolto anche le pietre Spencer, fermo ai box per un pit-stop, non alza la visiera del casco. Una cosa assurda che può far pensare che alla guida non ci fosse un uomo, ma un robot.
Ad ogni modo comunque quello del 1988 non fu un addio definitivo alle corse. L’anno dopo, infatti, dopo una stagione sabbatica, grazie all’aiuto di Giacomo Agostini l’americano rientra alle gare, disputando l’intera stagione in sella alla Yamaha, con la quale però conquisto poco e il suo miglior risultato sarà un quarto posto al Gran Premio di Spagna.
Dopo quell’anno sparì di nuovo, fino al 1993, quando sempre su Yamaha corse tre gare del mondiale prima di dare un addio definitivo alle corse. Oggi Freddie Spencer è proprietario di una scuola di motoclismo negli Stati Uniti. Questa è al sua breve carriera gloriosa per certi versi, e deludente per certi altri; per questo i tifosi e gli appassionati sono divisi: c’è chi dice che sia stato il più grande, chi invece ritiene sia stato un fuoco di paglia. Anche se i record stanno a dimostrare che non è stato propriamente così…
Marika Farinazzo
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