MotoGP – Le colpe di Daniel Pedrosa
Daniel Pedrosa ha tante colpe. Quella di essere un pilota, a soli 21 anni, vincente, tre volte campione del mondo tra 125 e 250, uno capace di frantumare qualche record di precocità nella classe regina. Un giovanotto con la colpa di essersi meritato il posto più invidato del motociclismo, la sella ufficiale HRC nella MotoGP. Dani ha la colpa di avere una manetta non indifferente, esser un talento naturale, aver dedicato l’adolescenza alle due ruote, colui che contraddistinguerà il futuro a breve-medio termine di questa disciplina. Lo dicono i numeri, lo conferma una stagione di debutto nella GP1 fantastica, fatta eccezione per una scivolata di… gioventù a Istanbul e il madornale dramma sportivo di casa HRC a Estoril. Pedrosa è uno che, lo si voglia o meno, si è meritato tutto questo. Ha avuto la fortuna di passare la fratricida selezione Movistar Activa Cup nel 1999, guadagnandosi, nonostante non fosse il più veloce (Olive e Jarà, per fare due nomi, andavano molto, ma molto più forte), la fiducia incondizionata di Alberto Puig, padre putativo nel mondo delle corse. Non era il migliore all’epoca, non era quello che collezionava gare e campionati minori in Spagna, eppure Puig scommise su di lui, intravedendo del potenziale e dei margini di miglioramento sconosciuti ai più. Il resto poi è storia recente: debutto così così nel Motomondiale (oscurato da Toni Elias), titolo della 125cc nel 2003, doppio trionfo in 250cc nelle due stagioni successive, per non parlare del suo primo anno in HRC. Questi è Daniel Pedrosa, invidiato, lo si dica o meno, dalla maggioranza dei piloti della MotoGP, per il ruolo che ricopre, per l’importanza di essere a tutti gli effetti Factory Rider Honda Racing Corporation.
Dani ha saputo, senza esser personaggio, senza cedere ad altre tentazioni, guadagnarsi le grazie di mamma Honda. La RC212V non è fatta per le sue misure (è un dato di fatto: raffrontiamole con la 990cc e riparliamone), ma ben si adatta al suo stile di guida ed esigenze da pilota. Attorno a lui uno staff altamente professionale e che lo capisce con uno sguardo: Mike Leitner, suo capo-tecnico, lo ha seguito in 250cc, è stato anch’esso pilota, si intendono a gesti, anche senza scambiarsi una parola. In questo clima a lui favorevole (grande merito ad Alberto Puig che è stato capace a realizzar questo tutto intorno al fantino di Castellar del Valles) Daniel Pedrosa si ritrova proiettato nel 2007 nella più prevista e prevedibile dimensione: insieme a Valentino Rossi (ovviamente con il pesarese un gradino sopra, è ancora presto per fare scomodi paragoni) favorito per il Mondiale.
Lo dicono i tempi dei test invernali, lo dice la spettacolare e… sovraumana sessione di “Qualifica” a Jerez, lo conferma la simulazione di gara proprio in Andalusia, dove nessuno è stato più veloce del buon Dani. Eppure qualcuno non vuol capirlo, o meglio, lo sa ma non vuole accettarlo. Alcuni suoi colleghi, alcuni addetti ai lavori, qualche giornalista. Via quindi con la tematica, evidentemente sempre d’attualità, dei complotti. Pedrosa va forte perchè l’HRC ha puntato tutto su di lui, anche se Nicky Hayden (pur sempre il Campione del Mondo in carica) riceve al medesimo istante gli aggiornamenti tecnici dal reparto corse in Giappone, e lo sviluppo della RC212V è condizionato anche dalle sue valutazioni.
Pedrosa va forte perchè ha il “gommone” (bentornato!) Michelin, che gli ha concesso il lusso di lottare al pari di Valentino Rossi per vincere quel gioiello a 4 ruote da 70.000 euro. Al di là delle smentite del Bibendum, nessun pilota, nessun tecnico ha sollevato a Jerez questa polemica. Dunque Pedrosa va forte perchè ha il “motorone” V4, 2 turbofan Pratt & Whitney che al F-22 gli da paga ovunque. Il “super-motore” Honda altri non è che un’evoluzione motoristica (qualche cavallo in più, un’erogazione più dolce e maggior spinta ai bassi regimi) portata dalla HRC ai suoi piloti ufficiali (Hayden e Pedrosa) già alle prove di Losail, occasione dove non si è posto questo problema. Non si può discutere di questa strategia Honda: gli aggiornamenti prima ai piloti ufficiali, poi ai clienti. Succedeva così nei primi anni ’80 con Spencer e Lucchinelli, proseguendo con Doohan nell’epopea degli anni ’90, passando per Rossi nel Terzo Millennio fino ad arrivare con alterne fortune ai Barros, Biaggi, Hayden e, appunto, Pedrosa.
Non si può discutere di questo, si può invece disquisire, visto che è stato lui uno dei pochi a tirare in ballo il tema, del trattamento riservato a Marco Melandri, tenendo conto delle promesse di Mr.Kanazawa lo scorso autunno per evitare un suo approdo in Ducati. Per il resto stop, Daniel Pedrosa ha manetta e lo si voglia o meno vivrà un 2007 da protagonista. Rossi permettendo, chiaro, ma senza demeritare alcunchè, favorito da complotti o da oscure organizzazioni segrete…
Alessio Piana
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