MotoGP – I quattro dell’Apocalisse
Come ogni appuntamento italiano che si rispetti, anche la performance 2005 al Mugello si è confermata come una gara da ricordare.
Lo scorso anno, ci fu una sorta di MotoGP alla superbike con due partenze, che
vide Rossi trionfare sull’acqua con delle slick montate su di una M1 non ancora
matura. Quest’anno la sua marcia trionfale non è stata in solitaria come avrebbe
voluto. A fargli da angelo custode si è trovato un Biaggi in grande spolvero,
un Capirossi in sella ad una Ducati usabile ed un sorprendente Marco Melandri.
Gara sensazionale, piena di sorpassi al limite dell’aderenza, della potenza frenante,
della resistenza fisica dei piloti tanto da far dichiarare a Capirossi durante
la trasmissione “Fuori giri” condotta da Cereghini: “…Marco, mi hai fatto tirare
il collo non so quante volte…”. Una gara che ha annoiato solo per il ritornello
cantilenato dagli spettatori attoniti davanti alla televisione: “che spettacolo”.
Rossi si ritrova tra le mani una M1 sempre più efficace, sulla quale occorre sempre meno intervenire radicalmente per trovare il giusto setup. Una moto equilibrata quasi completamente, tanto da nascondere quasi il reale gap ancora presente nei confronti di una Honda RC211V che comunque piazza 5 moto nelle prime dieci posizioni. Il valore reale della Yamaha è mostrato da Edwards che pur non essendo né un pivello, né un incapace (tutt’altro), non riesce a portare mai costantemente la sua M1 in posizioni di rincalzo.
Biaggi fa una gara degna di tale nome. C’è già una folta orda di persone più o meno esperte che ventilano un ritorno del corsaro ma di fatto questa era una gara particolare, un circuito particolare, un fine settimana particolare. Max ha guidato in maniera impeccabile dando anche l’idea che oramai riesca a gestire anche la tendenza della RC211V a derapare in ingresso di curva. Se la sua Honda sia stata del tutto guarita forse è troppo presto per dirlo. Sta di fatto che la resa durante tutto il fine settimana è stata sempre in positivo.
Capirossi risale finalmente (per lui, la Ducati e tutti i tifosi), su di un podio dal sapore particolare. In Italia si ricomincia a ridere. In Italia Loris dimostra ancora una volta e con prepotenza che la Ducati senza di lui si troverebbe a contare le briciole rimaste. La moto da l’impressione di non girare nemmeno a calci. Forse i calci normali non la faranno girare ma i pugni di Capirex (ecco perché i suoi guanti sono così strani), la fanno girare, curvare inclinare ed accelerare a suo piacimento. Anche per lui come per Max, ci si aspetta una serie di appuntamenti di conferma. Già la prossima gara, Barcellona, sarà utile anche se molto vicina all’appuntamento nostrano. Loris sarà ancora molto carico ed il circuito dove si va a correre è di fatto quello che diede alla DesmoSedici, il suo primo podio.
Marco Melandri pare proprio che sia maturato alla perfezione e la mano che lo ha colto lo sapeva. Marco più RC211V = secondo posto in classifica, dietro a Rossi, a quattro punti da Biaggi e dodici da Sete Gibernau, primo pilota della sua squadra. Tutti contenti dei suoi risultati a cominciare da chi ci battaglia in pista. Era ora che si vedesse stampato sul sorriso di Marco quel sorriso sparito quasi, dall’epoca della 250. L’unico che a onor del vero non sembra mai troppo distratto dalle ottime performance di Macio è proprio il suo team manager, Fausto Gresini. Si, è vero che il suo primo pilota, quello su cui si è investito maggiormente, quello a cavallo del dono della Honda, la RC211V ufficiale, si trova quarto in classifica a 67 punti dal primo in classifica (che è pure Rossi…); è anche vero, però, che il primo istinto di Gresini, davanti ai microfoni, è quello di essere spento e triste per la caduta di Sete, poco entusiasta per quarta piazza di Marco Melandri. Più che “poco” entusiasta si potrebbe dire “non sufficientemente” entusiasta. Già perché Macio è caduto pochissimo ed ha saputo sfruttare al meglio la moto clienti. Meglio dei clienti e meglio degli stessi ufficiali. Davanti a questo non si può rimanere indifferente. Pilota italiano, squadra quasi italiana con team manager italiano è un bel quadretto che mostra delle ottime prospettive sul futuro.
Gibernau finiva fuori dopo soli sei giri, scaraventando all’aria la sua moto, la sua serenità, e quasi tutte le sue possibilità di lottare per il titolo mondiale. Le sue dichiarazioni post gara non lasciano spazio nemmeno alle ipotesi o ai dubbi. Sete è salomonico: “non ho più speranze”. Indubbiamente Sete non è più lo stesso che di fronte alla rimonta di Rossi dello scorso anno, si incaponiva e dichiarava che avrebbe combattuto sempre e comunque anche contro la statistica, i numeri e la matematica. Da quel giorno, da quel maledetto fine settimana rovente caratterizzato dalla sabbia, Sete non è più lo stesso. Forse non si rese conto che non era certo quello il miglior modo per impressionare Rossi, per spaventarlo. Di fatto a parte Ellison su Blata che non ha completato il primo giro, Gibernau è stato l’unico pilota ritirato, classe MotoGP.
Degli altri piloti c’è ben poco da dire. A parte il cedimento di Gibernau (sia fisico che morale) tutto il resto è stato ignorato o quasi dalla regia televisiva. Comunque nulla di travolgente e che valesse più o meno la pena di essere inquadrato. A parte un Checa che comunque ha saputo sfruttare ogni occasione per salire in classifica, tutti gli altri sono appena sufficienti. In un giudizio che a volte critica i piloti, molte altre le moto. Ci sono dei giudizi dati più col cuore che con la testa. Come si può giudicare negativamente un pilota come Battaini che gira più lento che con la sua ex 250, prende 30 Km/h sulla velocità di punta e a fine gara sembra che al posto del motore abbia pedalato lui? Speriamo che presto diano una moto anche a lui, tanto per infoltire quel gruppo stra dominante di italiani che ci fanno gioire ed inorgoglire davanti a tanta bravura.
Una domanda prima di chiudere: chissà cosa succederà la prossima settimana, in Spagna, a casa di Sete e della Telefonica?
Davide Giordano
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