MotoGP Barcellona: Danilo Petrucci, “Mi sono allenato simulando il circuito”

Il pilota del Pramac Racing ha svelato un "nuovo" metodo di allenamento

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Danilo Petrucci Pramac Racing Ducati MotoGP 2016 Barcellona – A Barcellona abbiano incontrato Danilo Petrucci, rider del Team Pramac Ducati. Il pilota ternano ha raccontato un nuovo metodo di allenamento, ideato insieme al suo preparatore Marco Baglioni. Ecco cosa ci ha raccontato il “Petrux.”

“Quella di Le Mans è stata la mia prima gara dell’anno ed ero molto spaventato dalla mia condizione fisica (si riferisce alla mano fratturata, ndr), poi siamo andati al Mugello e mi mancava ancora per essere al meglio. A casa ho lavorato molto, abbiamo cercato di sperimentare dei nuovi allenamenti, cercando di “copiare” gli sforzi fatti al Mugello, che erano ancora “freschi”. Abbiamo ricreato in una stanza gli sforzi fatti durante la gara, sia per intensità che per continuità. Abbiamo tentato di allenare gli stessi gruppi muscolari che si utilizzano in pista, simulando lo sforzo che dovrei fare domenica in gara. Sono contento del risultato, anche se ovviamente mi mancano i km in moto, ma abbiamo fatto due gare positive, sia a Le Mans che al Mugello e in quest’ultima ho finito a 14 secondi da Lorenzo, uno dei distacchi più bassi sull’asciutto. Questo è il mio primo vero esame, perchè questa è una pista dove ho sempre faticato molto. Voglio far bene, cercando di arrivare ad Assen al 90% della condizione.”

Spiega l’allenamento, come si fa a ricreare una gara in una stanza?

“Ovviamente non potevamo simulare il rettilineo, allora in quella fase correvo per alzare i battiti, poi alla prima curva arrivato e mi dovevo “tuffare” sopra ad uno step simulando una staccata con il mio allenatore Marco (Baglioni, ndr) che si doveva buttare sopra di me per simulare il carico che si ha in frenata. Poi a Barcellona ci sono delle esse “destra-sinistra” molto veloci e le abbiamo simulate con delle TRX, delle corde attaccate al soffitto dove spingevo una volta a destra e una volta a sinistra. Poi c’è un lungo curvone a destra per cui mi appoggiavo su un attrezzo che si chiama bosu, una mezza palla in cui appoggiavamo un manubrio e io ero appoggiato a mia volta su una tavola con una palla sotto che simulasse l’instabilità di mani e piedi. Poi avevamo una corda di canapa di quelle delle navi, lunga 20 metri, che dovevo spostare da una parte e dall’altra. Questo per un minuto e 42/43, per tutti i giri. Una delle più grandi difficoltà è stato simulare la staccata della curva 9. Ero appoggiato con i piedi su due step e le mani su uno step. Ero “puntato” in avanti e dovevo fare cinque flessioni battendo le mani. Farlo per 24 volte è stata dura, alla fine ero stremato come se fossi stato in gara.”

Sarebbe stato bello filmarlo, come mai non è stato fatto?

“Non l’abbiamo fatto perchè poi qualcuno potrebbe copiarlo.”

A chi è venuto in mente questo tipo di allenamento?

“Abbiamo voluto ricreare lo stesso sforzo fatto in pista. L’idea è stata sia mia che del mio preparatore Marco. Ci siamo fatti dare un giro onboard e uno con i dati e abbiamo cercato di “copiare” il giro. Devo dire che è stato tosto ma mi sono divertito.”

Parlando della gara qual’è l’obiettivo?

“Solitamente non dichiaro obiettivi, ma vorrei finire tra i primi dieci. Solitamente per scaramanzia non dico che voglio fare bene, ma qui ci tengo più che al Mugello, perchè vorrebbe dire che sono maturato.”

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