MotoGP – Applaudiamo i test rider


“Una vita da mediano, a recuperar palloni, nato senza i piedi buoni”. Chi non conosce “Una vita da mediano” di Ligabue, un omaggio rivolto ad un ruolo che nel calcio concede poche luci dei riflettori, ma tanti apprezzamenti dai veri amanti del pallone. Un omaggio a Oriali, che ha faticato per tutta una vita, che non è mai andato in prima pagina, ma ha avuto la soddisfazione nei Mondiali 1982 di alzare la Coppa del Mondo con la maglia azzurra. Esistono anche nel motociclismo, e in particolar modo nella maestosa MotoGP, i “mediani”. Loro si fanno chiamare oggi tester, inglesismo di “collaudatori”. Un compito che negli ultimi anni ha cambiato il proprio perchè, passando dal dietro alle quinte assoluto a quantomeno uno piccolo spicchio di popolarità. Sono passati i tempi in cui Marcellino Lucchi al Mugello percorreva un numero incalcolabile di giri al giorno con le Aprilia da strada e competizioni. Non c’è più il tester “formato Marcellino”: c’è il tester voluto dalla squadra, preferibilmente con trascorsi da pilota di alto livello. C’è il collaudatore mandato dalla casa costruttrice (in particolar modo per le giapponesi), che prima di chiunque altro prova le novità rischiando la propria incolumità.
Ultimamente è nato anche il “Tyre Tester”, considerando l’aspra battaglia in MotoGP tra Michelin e Bridgestone. Diverse sottocategorie di uno stesso lavoro, ignorato dai media, ma applaudito da chi del motociclismo non vuol vedere soltanto il feud Rossi/Biaggi e compagnia cantante. Tester che non sempre vuol dire la certezza di disputare prima o poi delle gare, ed esser la prima scelta per sostituire un factory rider infortunato. No, assolutamente. Tester implica umiltà, professionalità, esser sempre professionali e contenti, percorrere anche 100 giri al giorno, rientrare ai box, volersi fare una doccia e il tuo capo dice: “No no, c’è ancora da registrar dati”. E tu esci nuovamente ai box, comincia a piovere, e ti bagni come una spugna, rischiando di volare a terra ad ogni centimetro quadro di pista.
Questa è la vita dei tester. Difficile, a volte magari sono ben pagati, ma una vita professionale comunque difficile. Perchè su di te cadono le più grandi responsabilità: tu provi una nuova forcella, dai il tuo OK definitivo, lo prova il pilota titolare e accusa 2″ di ritardo rispetto ai tempi precedenti. La colpa è tua, stop. No chance, nessuna possibilità di sbagliare. Perchè ci sono in ballo i risultati di un’azienda con numeri da capogiro, ci sono investimenti da 30 milioni di euro, c’è il lavoro di un centinaio di persone. Particolar non trascurabile, la sicurezza tua e dei piloti titolari.
In tutto questo il ruolo di collaudatore non è cambiato. Si è aggiornato, evoluto secondo le esigenze della MotoGP. I primi esempi sono partoriti nel 2002, per due scopi diametricalmente opposti. La Yamaha, per sviluppare la M1 (seguendo quanto fatto dalla Honda con Shinichi Itoh), ingaggia John Kocinski: lui, prima di Biaggi e Checa, proverà e svezzerà la M1. Esperienze da Gran Premio, ma soprattutto un carisma eccezionale in grado di farsi valere in squadra. L’opposto nel team satellite Tech 3, dove Poncharal come tester (?) e terzo pilota ingaggia il giovanissimo Sylvain Guintoli. “Per conoscere il parere diverso dei nostri rider, ma anche per dargli prospettive future di esser promosso a pilota”, spiegò il team manager francese. Che qualche gara con una YZR500 l’ha pure fatta, salvo poi ripiegare sulla due-e-mezzo negli anni seguenti.
Oggi nessuna squadra può permettersi questo lusso. Più che squadre, le case, che se hanno qualche pilota da tener sott’occhio lo piazzano nei vari campionati nazionali o in Superbike. Il ruolo di tester è delicatissimo, e non è un caso se la Yamaha oggi si affidi sugli sconosciuti ai più Wataru Yoshikawa e Norihiko Fujiwara per effettuare gli “shakedown” delle M1. Loro verificano il tutto, fanno il “rodaggio”, e poi passano la sella a Valentino Rossi, che deciderà su “cosa” e sul “dove” lavorare.
Succede così anche in Honda, le cui novità vengono prima messe alla frusta in Giappone, poi passate al team HRC e a Nicky Hayden. Già, per l’HRC ‘Kentucky Kid’ rappresenta il tester #1. Ha ottime qualità, non si stanca mai, e spesso e volentieri ha intuizioni fuori dal comune. Un meccanico vestito Repsol, ci ha addirittura detto che in certi aspetti è addirittura superiore a Valentino Rossi. Parere personale, ma che per una squadra dove sono passati anche gente come Doohan, Biaggi, Criville, Barros, conterà pur qualcosa.
Situazione controversa in Suzuki: per anni il tester di punta è stato Akira Ryo, che nel 2002 ha disputato anche numerose gare con una terza GSV-R. Oggi, considerando che l’altro collega Yukio Kagayama corre in Superbike, questo ruolo è stato preso da Kousuke Akiyoshi, apprezzato dagli uomini in bianco blu, specie considerato che con la partenza di Kenny Roberts Jr i due piloti, Hopkins e Vermeulen, non sono proprio il massimo per sviluppare la moto (e già a Sepang si è visto qualcosa al riguardo…).
In Kawasaki Harald Eckl ha ingaggiato come collaudatore Naoki Matsudo, per anni al via nelle classi minori. Poca esperienza da tester, ma un pilota in grado di dare un’opinione diversa da Nakano o De Puniet. In ogni caso Akashi potrà sempre contare su Olivier Jacque, che ufficialmente è diventato tester per conto di Bridgestone, ma in caso di necessità entrerà in gioco per lo sviluppo della ZX-RR.
Jacque affianca così in questo ruolo di “Tyre Tester” Shinichi Itoh, “acquistato” dalla Bridgestone dopo un ventennio di permanenza in HRC da pilota e, appunto, collaudatore. Itoh si occupa di adattare le gomme giapponesi alla Ducati, e in alcune occasioni nel 2005 lo abbiamo visto per sviluppare queste coperture in sella ad una RCV ex-Pramac. Di Shinichi Itoh ne abbiamo già parlato in precedenza, omaggiandone le proprie indiscusse doti nel ricoprire questo ruolo.
Come Itoh, più di Itoh, Vittoriano Guareschi. Dall’estate 2002 è tester Ducati per la MotoGP. Lui ha sviluppato la Desmosedici dal primo kilometro in pista, lui ha rifiutato diverse offerte da pilota professionista per restare con Ducati. Vittoriano ha dovuto anche digerire nel 2004 l’obbligo di disputare solo qualche gara in Supersport con la 749R ufficiale (anzichè come da lui chiesto tutto il campionato), e a Istanbul in MotoGP anche la preferenza di Itoh come sostituto di Capirossi. Non perchè sia più veloce, ma perchè così ha voluto Bridgestone, e perchè il giapponese è più indicato per far prove “in gara” di pneumatici in una pista completamente nuova.
Ma Vittoriano Guareschi resta sempre uno dei primi nomi quando rispondi a “Di chi è il merito della competitività Ducati in MotoGP?”. Loris Capirossi, quando conquistò la prima gara con Ducati a Barcellona nel 2003, disse “Vorrei ringraziare Guareschi per tutto quello che ha fatto questo inverno: se sono sul gradino più alto del podio, il merito è anche suo”.
Guareschi, come Oriali insomma. Un “mediano” della MotoGP, che ha potuto gioire di una vittoria collettiva a livello mondiale. Magari prima o poi farà anche cone Akira Ryo, secondo a Suzuka nel 2002 da wild-card (miglior risultato in MotoGP per Suzuki), o come Itoh, primo giapponese ufficiale Ducati a correre in una gara internazionale. Perchè tester, alla fine, non si nasce, se hai “i piedi buoni”…
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