Motegi, la nascita di un sogno

Motegi, la nascita di un sognoMotegi, la nascita di un sogno

Fa buio molto presto in questo periodo dell’anno in Giappone. Il crepuscolo ombreggiava già le boscose colline che circondano il circuito Twin Ring di Motegi e minuscole punte di luce foravano la penombra che inghiottiva l’enorme tribuna all’aperto, di fronte al complesso dei box.

Improvvisamente la pace e la tranquillità della sera d’un fresco e precoce autunno, fu infranta da un ruggito, simile al verso di un lupo proveniente dai boschi vicini. Ma non fu un lupo quello che apparve quando la compagnia itinerante della MotoGP s’accalcò, ostruendo ogni centimetro del box, per poter essere testimone della storia mentre veniva fatta.

Due moto rosse e nere, sorprendentemente piccole, emersero improvvisamente da un crepuscolo che simbolicamente segnava la fine di un’incredibile era per le corse di Gran Premio. Non si sentì l’urlo acuto del motore a due tempi, bensì il ringhio di un mostro a quattro tempi, che avrebbe cambiato il volto delle corse motociclistiche per sempre – era nata la Honda RCV 211V.

Tre anni fa, al tempo del Gran Premio del Pacifico a Motegi, la Honda rivelò finalmente la moto che avevano costruito per gareggiare nel Campionato del Mondo 2002 della MotoGP. I regolamenti avrebbero per la prima volta ammesso alle competizioni le 990 cc a quattro tempi. Fu la fine dell’asso piglia tutto, la Honda NSR 500cc a due tempi, e a due piloti che avevano tirato fuori il meglio ed anche di più dall’urlante due tempi, venne giustamente chiesto di occuparsi di trasmettere questa potenza al motore a quattro tempi.

Il cinque volte Campione del Mondo della 500cc, l’australiano Mick Doohan, e il due volte Campione del Mondo della 500cc, l’americano Freddie Spencer, fecero rombare le Vee-five 990cc a quattro tempi lungo il rettilineo principale di 760 metri, mentre il suono riecheggiava tra le migliaia di posti vuoti della tribuna torreggiante. Era uno spettacolo sonoro e visivo destinato a monopolizzare le pagine dei risultati dei Gran Premi per i due anni a venire.

Emersero molti ricordi, quando il cambiamento dei regolamenti venne sancito. La Honda, negli anni ’60, dominava nelle gare di Gran Premio in tutte le classi, con la sua gamma di moto a più cilindri a quattro tempi. Mai prima e solo allora il mondo delle corse aveva sentito o assistito ad un successo e a suoni del genere. Ci si adattò con la medesima velocità al successo delle moto a due tempi in tutte le classi, ma in fondo in fondo, ognuno sapeva che il vero cuore pulsante delle corse della Honda era nel motore a quattro tempi, che l’aveva portata sulla scena mondiale più di quaranta, lunghi anni prima. Dopo tutto alla Honda avevano provato a superare il motore 500cc a due tempi con il nuovo NR 500cc a quattro tempi, alla fine degli anni ’70, ma i regolamenti erano contrari. Questa volta sapevano di poterlo fare, ma quale doveva essere la configurazione, e a quanti cilindri?

Circolava voce di un motore a sei cilindri, ma come al solito alla Honda scelsero qualcosa di completamente nuovo. Optarono per un motore Vee-five, che non era mai stato usato prima di allora per una motocicletta. Il motore 990cc presentava tre cilindri anteriori e due superiori. Con quattro cuscinetti principali, le coppie di cilindri esterni azionavano due grossi perni esterni, simili ad una doppia “v”, mentre il cilindro centrale restava indipendente nel mezzo. Il compatto motore fu collocato in un telaio convenzionale a doppi raggi.

Come era avvenuto con le moto a 5 cilindri 125cc e a sei cilindri 250cc e 350cc negli anni ’60, la RCV ottenne un successo immediato. Valentino Rossi s’adattò alla potenza più maneggevole del quattro tempi, dopo aver vinto il suo primo ed ultimo titolo nella classe del 500cc, in sella alla Honda NSR. Regalò alla RCV un grande debutto, vincendo, sotto la pioggia torrenziale, il Gran Premio del Giappone a Suzuka nel 2002. Mentre le altre case lottavano per adattarsi ai nuovi regolamenti sul quattro tempi, la Honda e la RCV le lasciarono indietro.

Nella prima stagione delle gare del quattro tempi, la RCV vinse l’incredibile numero di 14 gare su 16, nel Campionato. Rossi, nel suo cammino verso il titolo iridato, ne vinse 11, il suo compagno di team Tohru Ukawa una, mentre il brasiliano Alex Barros conquistò la sua chance di gareggiare per il team Honda Pons nelle ultime quattro corse, vincendo a Motegi e Valencia. L’unico pilota a sconfiggere la RCV fu Max Biaggi, in sella alla Yamaha M1. Un anno dopo entrò anche lui tra le fila della Honda.

Una cosa analoga è accaduta la scorsa stagione, all’esordio, con l’unica vittoria di Loris Capirossi per la Ducati in Catalogna, che impedì alla Honda a quattro tempi un amplein di vittorie. Dopo qualche scaramuccia all’inizio della stagione con Sete Gibernau, Rossi se ne è andato, portandosi via il titolo. Ha vinto nove Gran Premi, mentre lo straordinario Gibernau ne ha vinti quattro e è stato capoclassifica nel numero di traguardi nel Campionato. Biaggi ha assaporato il suo ritorno alla Honda con il team Camel Pramac Pons ed è arrivato terzo con le vittorie di Donington e Motegi.

Quest’anno gli altri hanno cominciato a recuperare le distanze. Il passaggio di Rossi alla Yamaha ha galvanizzato il team nella caccia al titolo mondiale, che non vince sin dal 1992. L’italiano arriva a Motegi in testa alla classifica del Campionato con 209 punti, avendo vinto sei corse. Gibernau è secondo, avendo vinto tre corse, mentre il duo della Camel Honda, Biaggi e Makoto Tamada, hanno una vittoria per uno.

La Honda non si è arresa, dal momento che ci sono 125 punti ancora in palio nelle rimanenti cinque gare, la prima delle quali è a casa loro a Motegi, domenica. Non metteranno in campo meno di sette moto RCV per affrontare il faccia a faccia con la Yamaha, che promette di essere la sfida della stagione.

Tohru Ukawa si unirà alla lista dei costanti sei piloti di Gran Premio, Biaggi, Tamada, Gibernau, Colin Edwards, Barros e Nicky Hayden. Ukawa guiderà il prototipo della 2005 RCV.

In quel giorno, quasi 40 anni fa, la Honda spiazzò i suoi rivali, arrivando a Monza per il Gran Premio d’Italia, con un nuovissimo motore 250cc a sei cilindri. Jim Redman, in sella alla quattro cilindri, perse la battaglia di Campionato in favore della Yamaha a due tempi di Phil Read. Il nuovo motore segreto fu portato in volo dal Giappone da Redman e dall’ingegnere meccanico Michihiko Aika, nel bagaglio a mano. I loro rivali vennero a sapere del nuovo nato solo quando emise il suo primo vagito prima della prima prova libera.

Quaranta anni dopo, la Honda vorrebbe ripetere l’esperienza nella sfida con la Yamaha? Forse no, ma sarà meglio tapparsi le orecchie durante la prima sessione di prove di venerdì mattina, e comunque, stavolta almeno, la Honda non dovrà pagare una multa per eccesso di peso nel bagaglio a mano.

Camel Honda

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