MotoGP – Dani Pedrosa ed il fattore umano

MotoGP – Dani Pedrosa ed il fattore umanoMotoGP – Dani Pedrosa ed il fattore umano

Alla fine non ci sono stati gladiatori, bandiere piantate nelle vie di fuga, danze caraibiche, rockstar, nani e ballerine. C’è stato un giro d’onore con una mano alzata a salutare il pubblico, tracas d’ordinanza e via verso il podio. Nient’altro. Proprio una gioia per i fotografi, indubbiamente una visione idilliaca per chi vuole uno spettacolo anche nel dopo-gara… Sarà, ma Jerez ha offerto un vincitore limpido, sincero, “serio” ma non “triste”, uno che ha deciso di passare un’allegra domenica a prender per fessi tutti noi scribacchini delle due ruote. Il passo gara non esiste più: è un parametro da trascurare. I test invernali, non più indicativi. I favoriti? Chi, scusa? Conta, ed è un bel ritorno all’essenza del motociclismo, quello che si mostra la domenica in 40 minuti: le chiacchiere stanno a zero, stop. Bravo Dani, riferito a quel Pedrosa capace di spazzare via con una gara quanto scritto, rumoreggiato, mormorato negli scorsi mesi. Allarme: la Honda non va. Paura: Pedrosa è infortunato. Timore: le Michelin sono ancora in ritardo. Detto, fatto: Jerez, 30 marzo 2008, il classicissimo e canonico punto di svolta. Pedrosa riporta tutti sulla terra, riporta la Honda al comando della classifica e la Spagna a celebrare un proprio idolo sul gradino più alto del podio di Jerez. L’Andalusia sperava in un epilogo simile: i 131.000, leggendo giornali e/o scartabellando tabelle di marcia delle due precedenti giornate, propendeva verso un’affermazione del pilota designato vincitore. Jorge Lorenzo, appunto. Era già il vincitore annunciato: passo mostruoso, pole incredibile, storia già scritta. Vincitore su tutti i campi. Personaggio, pilota del futuro, prototipo (stereotipo per alcuni) del perfetto uomo di sport, veloce, simpatico, parlantina sveglia e con quell’innata dote di far divertire gli appassionati. La gara però è andata diversamente, scontrandoci nuovamente nella filosofia dell’odierna MotoGP, dove bastano 5 gradi e 24 ore per cambiar tutto. Più semplicemente, il rinomato “clima gara”. Carico come una molla, Pedrosa si è presentato a Jerez con un solo intento: vincere. Una raccomandazione: non parlare di (e con) Jorge Lorenzo. Da evitare assolutamente: eventuali polemiche. Tre punti che hanno convinto il catalano a chiudere le porte del proprio box, parlare poco e lavorare molto, per poter battere i rivali quando c’è qualcosa di importante in ballo, che siano 25 punti o, più semplicemente, la coppa del vincitore.

Fa specie tornare alle origini di questo sport per comprendere come sia possibile un risultato simile. Lasciando da parte dietrologie varie, guerre tra i gommisti, moto che vanno e non vanno, chi è vecchio, bollito e finito o presunti fenomeni dei giorni nostri, Daniel Pedrosa ha vinto sfruttando ogni singolo secondo a disposizione nel weekend di gara, trovando un buon compromesso, azzardando qualcosa nel warm-up che ha successivamente pagato allo spegnimento del semaforo. Doveva vincere, dare una sterzata significativa a questa stagione, ribadire che da due anni (dato oggettivo ed inconfutabile) a questa parte è lui a salvare il bilancio di casa HRC. Ultimo, ma non ultimo, dare una lezione a Jorge Lorenzo. La scaramuccia di Losail, tra strette di mano date e non date; la replica sabato dopo le qualifiche, con il gran rifiuto di Pedrosa nel trovare un chiarimento con Lorenzo. “Parli male di me, perchè dovrei stringerti la mano?”. Pare sia andata così. Sempre una scaletta di un circuito spagnolo, sempre due connazionali portati alla polemica e rivalità. Il confronto, prematuro, è con il duello che tutti noi ricordiamo degli scorsi anni (sapendo bene di chi stiamo parlando). Toni e modi diversi, sicuro, ma le premesse sono le medesime, spinte oltremaniera da chi tratta lo sport delle due ruote come uno “show”, cercando esplicitamente confronti-scontri.

D’altronde queste erano le attese della vigilia, costituite da prime pagine di rinomati settimanali del settore con i due volti contrapposti e la scritta, a caratteri cubitali, “Odio”. Era e doveva essere “Pedrosa Vs Lorenzo” a Jerez, è stato un assolo del tre volte iridato. La rivalità resta, è esplosa, nemmeno il Re Juan Carlos è riuscito a far da paciere tra i due sul podio. Il primo confronto l’ha vinto Daniel Pedrosa, è stato il suo gran giorno, portandosi dietro un inverno di passione e pressione. L’infortunio di Sepang e conseguenti incomprensioni. “Un problema alla moto”, disse Dani. “Non è vero, un suo errore”, risposero in Honda. “Hayden non sa sviluppare la moto, ho paura”, ribadì Pedrosa. “Dichiarazione che lascia il tempo che trova”, replicò l’ex iridato prima di concordare con il compagno di squadra sul problematico sviluppo della nuova Honda e, perchè no, non sarebbe tanto male recuperare la vecchia moto.

Analizzare il come sia stato possibile un simile recupero (fisico, mentale) dalla botta di Sepang ed il successo di Jerez resta un mistero. Si può spiegare con la pronta guarigione. Con gli sforzi Honda (che qualcuno si azzardi a dire che la RC212V ’08 è una moto sbagliata..), gli sviluppi Michelin. Semplicemente con la forza di un pilota per molti sopravvalutato, per tanti l’esatto opposto, sottovalutato. Parlano chiaro i risultati, parla per lui, nel senso letterale del termine, Alberto Puig. “Daniel è un pilota straordinario. Tra di noi non c’è un normale rapporto tra un manager ed il proprio assistito, ma è qualcosa di più forte, unico in questo ambiente”. Si spiega così il cartello con “Rossi + 1.1” anzichè “Rossi + 4.2” (non una novità, ricordandosi della 250cc 2004/05′). Si spiegano tante cose. Perchè no, anche il successo di Jerez, dove il guscio protettivo preparato da Alberto Puig intorno al proprio pupillo lo ha lasciato concentrato, dedito al proprio lavoro, senza distrazioni tra polemiche, confronti, eccetera eccetera. Lasciamo da parte gomme, gingilli elettronici, motori pneumatici e non. Per una volta torniamo a parlare del fattore-uomo, la componente “pilota”. Jerez è la sintesi di questo concetto. Pedrosa è un grandissimo, Rossi non è vecchio e bollito, Lorenzo è fenomenale, Stoner (anche lui) è umano. Può bastare?

Alessio Piana

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