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MotoGP – John Hopkins, un caso

Sono passati cinque anni dal debutto di John Hopkins in MotoGP. Cinque anni, quattro di Suzuki, e nessuno si sarebbe mai potuto immaginare che oggi staremmo qui a dedicare una pagina della rubrica più importante del sito a questo pilota. Un articolo non sui risultati mancati, su un talento ridimensionato (sarebbe meglio dire…oscurato) da una GSV-R che non è mai andata e, probabilmente, mai andrà, ma un “pezzo” sul suo carattere, su mosse alterate che sfrecciano in mondovisione con dei gesti che suonano tra l’eccessivo al pazzoide. Momenti ripetuti, fatti che trasformano l’Hopper in “recidivo”. Non è passato inosservato (e capiamo bene il perchè) lo sfogo di John poco dopo il ritiro per rottura del motore al Gran Premio di Losail: il californiano abbandona la moto accostandola al guard-rail, ci ripensa, tira due calci all’altezza della scritta Suzuki, si dimena a terra, si rialza, e via ancora con i super kick, tra i volti scuri, inorriditi dei suoi meccanici al proprio box.

Un gesto istintivo, non premeditato, ma di impatto globale. Perchè se Rossi bacia il cupolino della propria Yamaha, Hopper cerca di distruggere la carena della GSV #21. Verrebbe da ridere (chi non lo ha fatto vedendolo in diretta?), ma questo è proprio un caso. Un caso umano. Già, non si può dire altrimenti. Il povero, buon John che si ritrova a fare questa figuraccia davanti a tutto il mondo. Sarà pur sempre una barbina situazione per la Suzuki, ma chi paga di più è lui, Hopkins. Ne è passato di tempo da quando debuttò in MotoGP con una Yamaha YZR 500 della WCM, “impostogli” a Peter Clifford dalla Red Bull, che lo ha sempre seguito sin dalle prime gare yankee.

Un ragazzo che allora si conosceva soprattutto per la sua ragazza, decisamente notevole, e per quelle orecchie da Dumbo, ma che presto divenne una pedina importante del mercato. Ottime prestazioni, il compagno di squadra di allora, McCoy, oscurato per tutta la stagione 2002. Un’estate vissuta tra scegliere la futura destinazione, fino a firmare un pluriennale con la Suzuki. Un’occasione da cogliere al volo, ma col senno di poi il pilota di Ramona può dire di aver così segnato il proprio futuro.

Ne ha avute occasioni di andarsene: Ducati e, pare, Yamaha lo avvicinarono nel recente passato. Perchè è veloce, perchè a detta di tutti resta comunque un buon collaudatore, uno che capisce la moto, non si fa problemi a girare per tutto il giorno, restando un gran professionista. Proprio così, cari miei. Non lo diciamo noi, lo dicono i protagonisti del Motomondiale, anche se il contrario risplende lampante su queste certezze. Perchè Hopkins non può definirsi un professionista nella megagalattica MotoGP dove ci sono investimenti importanti, non quando scalcia la moto in diretta, quando dichiara di non poterne più di questa situazione, quando si fa trovare…brillo al Salone di Birmingham a pochi minuti da un’importante conferenza stampa davanti a giornalisti e tutti gli importatori mondiali di Suzuki. Non quando a Phillip Island, in una simulazione di gara, peggiora i tempi dell’anno passato, rientra ai box, fa un burnout davanti ai propri meccanici, e butta la moto a terra.

Carattere sanguigno il ragazzo. Carattere. Quel che manca all’80 % dei piloti del Motomondiale. Carattere. Quel che ti fa amare o odiare, ma soprattutto distinguere. Carattere, che se abbinato ad una buona manetta, giustifica gli eccessi. Non crocifiggiamo Hopkins, non chiediamoci il perchè Denning non lo licenzia. Ne servono di piloti così in una MotoGP sempre più standardizzata e asettica, senza più un volto umano. Serve uno come Hopkins, un buon talento, dal destino segnato: nel 2007, sarà ancora Suzuki. L’ha voluto lui, anche se oggi vorrebbe il contrario. E, forse, preferirebbe tornare negli States, lasciando una MotoGP dove risulta essere un cancello, ed un pilota dalla valutazione “Niente di chè”. In questa foto Hopkins guarda pensoso, mascherando il tutto con i suoi occhiali da sole. Pensando, forse, “Ma chi me lo fa fare?”, senza avere i numeri e il curriculum per poter far quel che vuole in MotoGP…

Alessio Piana

Alessio Brunori:
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